"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

domenica 15 febbraio 2015

GRAMSCI OGGI: NOTA SULLA "CATARSI". OVVERO SUL PASSAGGIO DALLA NECESSITA' ALLA LIBERTA'


 Il termine di "catarsi". Si può impiegare il termine di "catarsi" per indicare il passaggio dal momento meramente economico (o egoistico-passionale) al momento etico-politico, cioè l‘elaborazione superiore della struttura in superstruttura nella coscienza degli uomini. Ciò significa anche il passaggio dall‘"oggettivo al soggettivo" e dalla "necessità alla libertà". La struttura da forza esteriore che schiaccia l‘uomo, lo assimila a sé, lo rende passivo, si trasforma in mezzo di libertà, in strumento per creare una nuova forma etico-politica, in origine di nuove iniziative. La fissazione del momento "Catartico" diventa, così, il punto di partenza per tutta la filosofia della praxis.
il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono risultato dello svolgimento dialettico. eE' bene ricordare i due punti tra cui oscilla questo processo: nessuna società si pone compiti per la cui soluzione non esistano già o siano in via di apparizione le condizioni necessarie e sufficienti; nessuna società perisce prima di aver espresso tutto il suo contenuto potenziale.

“Catarsi” significa che in questa epoca noi lasciamo alle spalle millenni di oppressione e conquistiamo la libertà, costruiamo la libertà e nessuno può impedirlo. Non siamo più schiavi dell’economia, dall’assillo di procurarci da vivere che rende l’umanità schiava fin dai tempi della preistoria. Non decideremo più seguendo gli obblighi che le leggi economiche impongono, ma noi imporremo le leggi del comportamento collettivo, le leggi politiche e del comportamento individuale, le leggi etiche. Questo significa che è il soggetto a decidere, che è la classe operaia, che sono le masse popolari a farlo e non più una classe di sfruttatori, che impone le sue leggi come fossero "leggi oggettive”. I modi di produzione che si sono susseguiti fino a oggi sono stati la struttura  delle società divise in classi e noi siamo stati schiacciati, resi passivi, schiavi, servi, operai assorbiti in un meccanismo estraneo. Oggi pero questa struttura si è evoluta in maniera tale che il carattere collettivo delle forze produttive non rende più necessaria la divisione in classi, cioè la proprietà privata dei mezzi di produzione. Questa struttura, da sistema di oppressione qual è stata, si converte, oggi, in strumento di liberazione. Ci spinge a liberarci. In un certo senso ci impone di farlo.
Essere liberi è ormai un dovere! Questa condizione, che si realizza nella metà dell’Ottocento, fa sorgere il movimento comunista cosciente e organizzato. La pubblicazione de Il Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels, nel 1848, il primo atto. 

Diciamo in questa breve nota di "catarsi" facendo riferimento alla Introduzione alla critica dell’economia politica di Marx: «Una formazione sociale non perisce, prima che non siano sviluppate tutte le forze produttive per le quali essa è ancora sufficiente e nuovi più alti rapporti di produzione non ne abbiano preso il posto, prima che le condizioni materiali di esistenza di questi ultimi siano state covate nel seno stesso della vecchia società. Perciò l’umanità si pone sempre solo quei compiti che essa può risolvere; se si osserva con più accuratezza si troverà sempre che il compito stesso sorge solo dove le condizioni materiali della sua risoluzione esistono già o almeno sono nel processo del loro divenire»

GRAMSCI OGGI: NOTA SULL'IMPORTANZA DELLA TEORIA. OVVERO DELLA FILOSOFIA COME PRAXIS


Gramsci scrive:

"Il problema più importante da discutere in questo paragrafo è questo: se la filosofia della praxis escluda la storia etico-politica, cioè non riconosca la realtà di un momento dell‘egemonia, non dia importanza alla direzione culturale e morale e giudichi realmente come "apparenze" i fatti di superstruttura. Si può dire che non solo la filosofia della praxis non esclude la storia etico-politica, ma che anzi la fase più recente di sviluppo di essa consiste appunto nella rivendicazione del momento dell’egemonia come essenziale nella sua concezione statale e nella "valorizzazione" del fatto culturale, dell’attività culturale, di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici e meramente politici." (Q10, paragrafo 1)

Il suo è uno scrivere da prigioniero, quindi sotto censura, quindi non può parlare chiaro. Inoltre scrive più di settanta anni fa: oggi abbiamo maggiori strumenti per comprendere meglio quello che vuole dire e per spiegarlo.

La traduzione di quello che Gramsci vuole dire è quella che segue:

"Il problema principale (quello da cui partire) in questo momento è questo: se il marxismo escluda la necessità di una riforma intellettuale e morale, cioè non riconosca questo come un momento reale della guerra per la conquista del poteregiudichi le questioni di carattere ideologico, l’elaborazione scientifica dell’esperienza della lotta di classe, la teoria rivoluzionaria in generale e le direttrici che si sintetizzano in “imparare a pensare”, “imparare a dirigere”, “insegnare a pensare” come ‘aria fritta’, ‘seghe mentali’, ‘filosofia’ nel senso di perdita di tempo a fronte del fatto che l’importante è la lotta, è la lotta, è la lotta. Si può dire che non solo il marxismo non esclude tutto questo, ma la sua evoluzione (“recente”, per Gramsci) è il leninismo. Del resto è lo stesso Lenin a dire “non c’è movimento rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria” e senza teoria rivoluzionaria non c’è partito, senza partito non c’è conquista del potere e quindi non c’è lo Stato socialista. 
Questo vuol dire affermare che il potere è direzione dell’attività pratica delle masse popolari e che questa direzione comporta “la  conquista del cuore e della mente delle masse popolari” (Manifesto Programma del (nuovo)PCI, p. 203). Dobbiamo, quindi, occuparci non solo di questioni economiche e politiche, ma anche di questioni teoriche.    

martedì 3 febbraio 2015

GRAMSCI E L'INTELLETTUALE ORGANICO DELLA RIVOLUZIONE SOCIALISTA

La società comunista è, nella storia dell’umanità, il primo sistema di relazioni sociali che deve essere pensato prima di essere realizzato. I precedenti sistemi di relazioni sociali, con il relativo modo di produzione su cui ognuno di essi era fondato, sono stati formati dalle masse, ma senza che fossero consapevoli di quello che stavano facendo. Si sono, per così dire, formati alle loro spalle perché le masse erano dirette da una classe dominante. Ma il comunismo è gestione della vita sociale da parte della “associazione nella quale il libero sviluppo di ogni individuo è la condizione del libero sviluppo di tutti gli individui”. Quindi per sua natura non può che essere frutto di masse coscienti e organizzate. Coscienza e organizzazione però non possono nascere nelle masse finché sono soggette allo sfruttamento di una classe sfruttatrice che a ragion veduta sistematicamente le esclude dalla gestione, dalla direzione, dalla progettazione della vita sociale e dal resto delle attività propriamente umane. Come possono masse popolari, a cui la classe dominante sistematicamente impedisce di accedere a coscienza e organizzazione, acquisire la coscienza e l’organizzazione di cui hanno bisogno per fare la rivoluzione socialista fino a costruire la società comunista? 
 
La soluzione del paradosso è il partito comunista: esso è parte delle masse popolari ma libero dalla classe dominante, organo dell’elaborazione della coscienza e della creazione dell’organizzazione del proletariato. Come per la prima volta chiaramente spiegò Lenin nelle fondamentali opere Un passo avanti e due passi indietro (maggio 1904) e Due linee della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica (luglio 1905), il partito comunista è parte integrante della classe operaia, suo reparto cosciente e organizzato, forma suprema di organizzazione della classe operaia nel senso che dirige tutte le altre sue organizzazioni, incarnazione del legame dell’avanguardia con le grandi masse che fanno parte del campo della rivoluzione, su cui la classe operaia esercita la propria egemonia e che dirige a emanciparsi da ogni classe dominante. Il partito comunista così concepito e costruito è quello che Gramsci nei Quaderni del carcere chiamò l’intellettuale organico.
Mentre in tutta la storia dell’umanità divisa in classi, gli intellettuali erano individui singoli facenti parte di una casta della classe dominante (preti, filosofi, scienziati di vario genere, artisti di vario genere), nella nostra epoca, quella della rivoluzione proletaria, l’intellettuale della classe operaia è un soggetto collettivo, cioè è il suo partito comunista.
Questo intellettuale collettivo elabora e impiega la scienza che serve a trasformare la società. Così come, ad esempio, la scienza ingegneristica serve a costruire ponti, questa scienza nuova, che è la concezione comunista del mondo, serve a costruire la rivoluzione socialista e la società comunista.
Antonio Gramsci, in carcere, per ingannare i censori, chiama il partito comunista “moderno principe” e scrive: “Il moderno principe, il mito-principe non può essere una persona reale, un individuo concreto, può essere solo un organismo; un complesso elemento di società nel quale già abbia inizio il concretarsi di una volontà collettiva riconosciuta e affermatasi parzialmente nell’azione. Questo organismo è già dato dallo sviluppo storico ed è il partito politico, la prima cellula in cui si riassumono alcuni germi di volontà collettiva che tendono a divenire universali e totali” (Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 8 (XXVIII), § 21 www.nilalienum.com/Gramsci/Q8fnote.html).
L’inizio di cui parla Gramsci è quello delle masse popolari che fanno la storia e che in questa epoca iniziano a farla in modo cosciente e loro coscienza è il partito comunista. La loro coscienza non può essere una coscienza individuale, cioè quella di “una persona reale, un individuo concreto”, di uno Tsipras o di un Landini ad esempio, ma è un organismo collettivo in cui assumono concretezza idee e aspirazioni che già ci sono e che già cominciano a essere messe in pratica. Questo è il “concretarsi di una volontà collettiva riconosciuta e affermatasi parzialmente nell’azione”.
Il partito comunista è quindi uno scienziato collettivo che esamina la realtà sociale, individua gli elementi che premono per la trasformazione rivoluzionaria della società, unisce questi elementi in una sintesi, consegna questa sintesi alle masse popolari come linea della loro attività. Nelle loro mani diventa strumento per la rivoluzione che cresce in quella società come un nuovo essere umano cresce in grembo alla madre. Individua “germi di volontà collettiva”, volontà di cambiare la realtà e fa in modo che diventino “universali e totali”, cioè che valgano per tutta la società e per ogni suo membro.
Quello che Gramsci descrive è il processo tramite cui il Partito Operaio Socialdemocratico Russo si fece interprete delle aspirazioni e degli interessi delle masse popolari del suo paese e le portò alla conquista del potere nel 1917.
Qui in Italia, oggi, è il processo per creare un Governo di Blocco Popolare, un governo di emergenza con cui le masse popolari organizzate iniziano a dirigere parti crescenti della società, iniziano a governare e in ciò si trasformano da classe oppressa a classe dirigente.
Questo processo è raccolta organizzata, ragionata e sintetizzata delle mille ambizioni, aspirazioni, obiettivi che già oggi le masse popolari organizzate rivendicano, ciò che già vive nella loro esperienza, ma in modo disordinato, caotico in certi casi e come specchio di una concezione rivendicativa che limita la concezione del ruolo delle masse popolari a chiedere, volere, rivendicare e pretendere dalla classe dominante e dalle autorità borghesi.
Comporta la cacciata di ogni governo imposto dai vertici della Repubblica Pontificia.
Si esprime spontaneamente nelle mille iniziative di base per far fronte alla crisi, nella convergenza immediata delle masse popolari al seguito di chi si pone alla guida della protesta anche se poco, in modo esitante, pronto a ritirarsi come ad esempio nei casi di Grillo o di Landini.
Ne sono manifestazioni concrete l’occupazione del Comune di Carrara da parte dell’Assemblea Permanente, il seguito del M5S alle elezioni del 2013, la partecipazione allo sciopero generale di dicembre indetto dalla CGIL.

Il partito è coscienza delle masse quanto più riesce a elevare la loro coscienza, in modo che ciascuno inizi a pensare in modo autonomo, che diventi padrone della propria vita e protagonista del governo della collettività, in marcia verso una società dove tutti sono intellettuali.
Questo processo dove “tutti sono intellettuali” inizia a essere sperimentato nel partito. Gramsci scrive: “Che tutti i membri di un partito politico [intende dire: del partito comunista, ndr] debbano essere considerati come intellettuali, ecco un’affermazione che può prestarsi allo scherzo e alla caricatura; pure, se si riflette, niente di più esatto” (Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 12, §1 in www.nilalienum.com/Gramsci/Q12fnote.html).

Infine, la scienza che il partito elabora è vera solo se è fatta propria dalle masse popolari, nel senso che è progetto di una società di cui esistono i presupposti ma che ancora non esiste e solo le masse popolari possono farla esistere: quindi la scienza del partito comunista diventa vera solo se è fatta propria dalle masse popolari che fanno del progetto una cosa reale. La sua diffusione, a partire dagli elementi avanzati della classe operaia e delle masse popolari, è essa stessa un aspetto della scienza. Essa non è opera di professori, burocrati o poeti illuminati che detengono una verità e la portano alle masse.
“Che una massa di uomini sia condotta a pensare coerentemente e in modo unitario il reale presente è fatto “filosofico” [ossia portatore di coscienza, ndr] ben più importante e “originale” [ossia creatore di coscienza, fecondo, ndr] che non sia il ritrovamento da parte di un “genio” filosofico di una nuova verità che rimane patrimonio di piccoli gruppi intellettuali” (Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 11, § 12, in www.nilalienum.com/Gramsci/Q11fnote.html).

Se le masse popolari, a partire dai loro elementi più avanzati, non accettano e non assimilano la scienza che l’intellettuale organico porta loro, quella scienza è carente e va rielaborata. L’insegnante, lo scienziato, l’intellettuale organico è quindi sotto esame continuo da parte delle masse popolari, ma sa farsi ascoltare se fa propria la certezza che sono quelle masse popolari che fanno la storia e che fare dell’Italia un nuovo paese socialista è possibile.
Questo è l’intellettuale organico delle masse popolari, il partito come intellettuale collettivo e ogni suo membro come intellettuale, che opera guidato dalla scienza dei grandi dirigenti del movimento comunista, tra i quali Gramsci, i cui insegnamenti ci consentono di avanzare sicuri e fieri in questo terreno nuovo.