Compagno,
hai messo un post su Facebook dove scrivi che mentre il
medico studiava il malato è morto, al che ho fatto una vignetta dove dicevo
grosso modo che se hai un figlio lo porti dal pediatra, e non dallo stregone.
Ho sbagliato. È uno dei tanti errori che facciamo nel percorso di costruzione
della rivoluzione in un paese imperialista, ma nella Carovana del (n)PCI
abbiamo imparato a fare sì che anche gli errori siano passi avanti. Questo si
può fare comprendendo l’errore.
L’errore, in questo caso, è liquidare una cosa che uno dice
come se fosse un problema suo, mentre è una cosa che dicono in tanti. In quello
che dici tu c’è l’idea diffusa che studiare non serve, e che bisogna agire,
particolarmente quando i tempi si fanno duri. Questo non corrisponde
all’esperienza del movimento comunista internazionale, a quella del movimento
comunista italiano, a quella della Carovana del (n)PCI e alla mia.
Nel movimento comunista internazionale l’esempio è quello
del Partito comunista cinese: Mao ha scritto i suoi più importanti scritti
filosofici durante la guerra di resistenza contro il Giappone, e i soldati
dell’Armata Rossa studiavano durante la Lunga Marcia, che fu chiamata lunga
perché coprì una distanza uguale a quella tra Roma e Pechino, e fu dura ed
epica perché attraversò i monti più alti del mondo e grandi fiumi della Cina,
sotto attacchi continuati per terra e dal cielo dai giapponesi, i nemici veri,
e dei nazionalisti cinesi, che pure dovevano essere loro alleati nella guerra
contro i giapponesi, che pure si dichiaravano i veri rappresentanti del popolo
cinese.
Nel movimento comunista italiano l’esempio è quello di
Gramsci, che in carcere studiò più di quanto non avesse mai fatto, e scrisse i
Quaderni, che sono uno dei libri italiani più letti e studiati in tutto il
mondo e un patrimonio prezioso per il movimento comunista del nostro paese.
Nella Carovana del (n)PCI l’esempio è quello dei redattori
del Bollettino, chiusi in carcere nel
1985 per la solidarietà nei confronti dei rivoluzionari prigionieri, e che in
quel carcere scrissero il primo numero di Rapporti
Sociali, dove per la prima volta si cominciò a descrivere natura e
possibili esiti della crisi che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Quanto alla mia esperienza, io ho studiato lavorando (non
avevo una famiglia che mi pagasse gli studi) con i disabili psichici (lavoro
che ho fatto senza interruzione dal 1976 al 2009). Ho studiato negli anni
Ottanta, che sono stati parecchio duri per tutti, per certi versi i più duri,
per l’attacco della borghesia imperialista contro il movimento comunista del
nostro paese che usò le stragi, l’assassinio, il carcere, la tortura, il
pentimento e la dissociazione, in una guerra non dichiarata dove parecchi
compagni, amici, familiari persero la vita o la ragione.
Da questo ultimo esempio puoi capire il motivo per cui
quando sento qualcuno che svaluta lo studio faccio l’errore di sbottare, come
ho fatto con te. Non è la prima volta, ma vedrò di fare in modo che sia
l’ultima.
Quanto al futuro, noi siamo convinti che per fare una cosa
così difficile e mai fatta come la rivoluzione socialista in Italia serve
studiare, e serve molto di più di quanto non serva farlo per prendere la
patente o per imparare la fisica quantistica. Visto che ne siamo convinti, da
qualche anno il P.CARC lo ha fatto in varie parti d’Italia, inclusa la
Campania. Lo ha fatto bene? Io penso che in Campania non lo ha fatto bene,
perché se lo avessimo fatto meglio ci sarebbero meno compagni come te e
compagne che disprezzano lo studio, o meglio, meno compagni e compagne che
considerano studiare quello che si fa nelle scuole dei padroni, le università
borghesi, e invece non considerano studiare la scienza che il movimento
comunista ha elaborato e sperimentato nel corso della sua storia.
Al riguardo mi vengono in mente molti episodi, ma qui te ne
dico uno solo. C’è un operaio delle acciaierie di Terni che andò in Turchia
dove c’erano partiti comunisti che facevano la lotta armata contro il regime.
Immagino pensasse che partiti comunisti come questi gli avrebbero fatto vedere
come veramente si lotta quando è questione di vita o di morte. Essi però non lo
portarono a vedere azioni di battaglia, ma gli fecero fare un corso di marxismo
leninismo.
La differenza tra la scienza del movimento comunista e la
scienza (politica, economica, filosofica) che insegnano nelle università
borghese è superiore alla differenza che c’è tra l’astronomia e l’astrologia,
in effetti. Infatti quello che insegnano nelle università non è solo sbagliato
come è sbagliato dire che oggi farai un sacco di soldi perché lo dice
l’oroscopo, ma è deleterio perché la gran parte di quello che insegnano è
anticomunismo. Nelle università, dunque, il medico non solo sta a studiare
mentre il malato muore, come fanno tanti studenti che sono lì perché per loro
non c’è lavoro, ma alcuni, quelli che faranno più carriera, studiano per fare
morire il malato senza che si accorga del perché e ancora meglio senza che si
accorga di morire.
A tutto questo stiamo rimediando, e non andando in giro a
fare in modo che gli elementi avanzati delle masse popolari pensino quello che
diciamo, ma andando in giro a insegnare agli elementi avanzati delle masse
popolari a pensare con la propria testa. È la differenza tra un tassista che ti
vuole portare sull’auto sua, e che ti viene a dire che la sua auto è migliore
di quella degli altri, e quello che ti insegna a guidare l’auto.
Se poi tu sei uno che già sa guidare, puoi insegnare anche
tu agli altri a farlo. Sei in un organismo che si chiama comunista, e avete
occupato in Galleria Principe. Potreste fare corsi di italiano, per esempio, a
tanti proletari che non sanno bene esprimersi in quella lingua, che è la lingua
nazionale, e che va usata, se da Napoli parte qualcosa capace di investire
l’intero paese, se è il Sud che parte al contrattacco, alla conquista del Nord,
dopo essere stato devastato e derubato dai piemontesi e da quelli che sono
venuti dopo, e dalla Chiesa di Roma. Il movimento comunista sempre e ovunque si
è distinto per insegnare a scrivere, in tutte le rivoluzioni, dalla Russia alla
Cina e oggi nella Repubblica Bolivariana del Venezuela.
La lingua napoletana è incantevole, ma la capiscono solo i
napoletani. Gramsci in carcere scrisse che i comunisti devono conoscere e
insegnare la lingua nazionale: “Chi parla solo il dialetto o comprende la
lingua nazionale in gradi diversi, partecipa necessariamente di una intuizione
del mondo più o meno ristretta e provinciale, fossilizzata, anacronistica in
confronto delle grandi correnti di pensiero che dominano la storia mondiale. I
suoi interessi saranno ristretti, più o meno corporativi o economicisti, non
universali. Se non sempre è possibile imparare più lingue straniere per
mettersi a contatto con vite culturali diverse, occorre almeno imparare bene la
lingua nazionale.” (Quaderno 11, nota 17)
Saluti comunisti,
Paolo Babini
Commissione Gramsci del P.CARC
Firenze, 9 gennaio 2017
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