
La domanda è retorica: quale dei due campi ha
apparentemente vita più facile? Il primo: si basa su quello che esiste già e su tutto lo schifo che il sistema della borghesia produce e alimenta. Il futuro luminoso che vogliamo costruire è più difficile anche solo da immaginare (tanto che in alcuni casi la volontà dell’ottimista viene scambiata per “fede”). Ma, altra domanda, non retorica stavolta: quale delle due strade ha le prospettive per marciare? Noi costruiamo il futuro luminoso iniziando a trasformare il presente, qui e ora. E’ difficile, si prendono legnate, si subiscono sconfitte in battaglia, ci si mette alla prova e ci si trasforma… questo è osare.
Ci interessa vincere. C’è chi ha passato una vita a lottare (o meglio: è conosciuto per aver passato una vita a lottare, anche se poi magari ha messo i remi in barca… e il riflusso degli anni Settanta ha prodotto un discreto numero di “esperti del movimento” che oggi sono buoni per i racconti al focolare) e oggi è convinto che vincere è impossibile. C’è chi ha iniziato da poco (per età anagrafica o perché spinto
dagli effetti della crisi), ma del bagaglio di rassegnazione, vittimismo, sfiducia seminati dalla sinistra borghese è già in certo qual modo schiacciato.
Nel campo della generica “sinistra” i sentimenti di disfatta, preoccupazione, inquietudine vanno per la maggiore. Anche fra le frange più radicali.
(Resistenza 9 - 2013)
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