Quest’anno ricorre l’ottantesimo anniversario della morte di
Antonio Gramsci, e già la borghesia, che con la sua veste fascista lo uccise
nel 1937, oggi si dà da fare per falsificarne l’eredità, magari in veste pop,
come ha fatto il quotidiano La Repubblica
nel suo inserto Robinson un paio di
giorni fa, sfarfallando con i suoi “concetti chiave” (“egemonia”,
“intellettuale collettivo” e via cantando) e portando in campo tutti gli
svariati nomi di tutti quelli che da cattedre e istituzioni varie si presentano
come i reali interpreti e conservatori di ciò che Gramsci ha detto e fatto). A
Caracas il Circolo Bolivariano Antonio Gramsci, tra le sue varie attività, si
sta occupando di insegnare alle masse popolari del Venezuela a farsi la pasta
con le macchinette importate dall’Italia, perché le aziende italiane
esportatrici di pasta nel paese stanno speculando sul prodotto e partecipano a
pieno titolo alla guerra economica che la borghesia imperialista, prima fra
tutti quella statunitense, conduce contro la Rivoluzione Bolivariana del
Venezuela. Questo è un modo vero per attuare il pensiero di Gramsci, che ha
dato preziosi insegnamenti su come le masse popolari guadagnano autonomia e
diventano consapevoli che sono loro a fare la storia, e che solo loro possono farla.
Da un lato sta chi ci insegna a guadagnare autonomia nel farci la pasta,
dall’altro chi disquisisce di argomenti che la maggior parte di noi non
capisce. Chi sono i veri continuatori dell’opera di Gramsci è chiaro come il
mattino in cui ci si illumina d’immenso[1].
Questa esperienza è stata raccontata da Angelo Iacobbi,
esponente del Comitato a un pubblico folto intervenuto al Ristorante “Il
Cortile”, a Caserta, in una iniziativa organizzata dal sindacato USB e
dall’associazione SCETAT, che si occupa
di rivalutazione di territorio, cultura, enogastronomia in questa parte
d’Italia. Tema dell’iniziativa: Il ruolo del Sindacato nella costruzione del
Potere Popolare nella Rivoluzione Bolivariana.
Relatori all’iniziativa erano, oltre a Iacobbi, Antonio
Cipolletta di ANROS[2]
e Giuliano Granato dell’ex OPG[3]. Danilo Della Valle,
dell’ANPI di Caserta, moderatore, ha introdotto spiegando che fine dell’iniziativa
era contrastare la propaganda di regime sul Venezuela, paese che per primo in
questo nuovo secolo ha mostrato che un nuovo mondo è possibile, e ha avviato
una distribuzione più equa della ricchezza prodotta, che qui è principalmente il
petrolio.
Contro questo nuovo Venezuela è stata scatenata una guerra
economica. Proiettano un video dove si mostra la propaganda dei media a
sostegno di questa guerra a livello internazionale, e informano sul paese e la
sua storia. Il paese possiede le più grandi riserve petrolifere del mondo. Gli
USA ambiscono a controllare questa risorsa, dato che ne sono i maggiori
consumatori al mondo. Ogni 100 barili che consumano devono importarne 60. Parecchi
ne importano dai paesi arabi, e al controllo della produzione in zona sono
legate tutte le guerre degli ultimi decenni (dall’Iraq alla Libia alla Siria). Il
trasporto del petrolio dal Medio Oriente agli USA richiede però molto tempo e
denaro, mentre trasportarne dal Venezuela consente abbattimento di tempo e
costi del 90%. Per più di 40 anni grazie al Patto di Punto Fijo[4] gli USA si sono garantiti
petrolio a basso prezzo, mentre cresceva la miseria della popolazione. Si
arrivò nel 1989 alla ribellione, il Caracazo, durante il quale furono uccise dall’esercito
tremila persone. Qui iniziò il suo percorso Chávez, che dall’esercito iniziò a
fare politica fino a diventare dirigente del paese dieci anni dopo e dare avvio
alla rivoluzione bolivariana. Sotto il governo della rivoluzione grandi sono
stati i passi avanti per le masse popolari del paese in tutti i campi.
Gli USA sostennero un colpo di Stato nel 2002, che fallì.
Anche un successivo tentativo di destabilizzazione fallì. Oggi tentano con il
golpe morbido. Il paese dipende molto dalle importazioni, quindi l’oligarchia
cerca di togliere i prodotti di prima necessità e di specularci sopra. A questo
si accompagna la manipolazione dell’informazione, cercando di fare passare il
governo come “quello che reprime movimenti pacifici di protesta”. Parecchi sono
stati i golpe tentati o riusciti negli ultimi anni in America Latina, ma il
Venezuela non consentirà che gli imperialisti riprendano il potere nel paese,
dice il presentatore del video.
Parla Iacobbi, e dice che è difficile immaginare l’oppressione
coloniale nel paese prima che Chávez andasse al governo. Il 90% della terra era
in mano all’1% della popolazione. La popolazione viveva in povertà, non c’era alcun
diritto alla salute, o all’assistenza in vecchiaia. Quando è arrivato nel 2001
non c’era anagrafe e le macchine non avevano targa. Oggi la destra dice che
mancano le medicine ma allora non c’erano ospedali. Chávez come prima cosa fece
arrivare moltissimi medici da Cuba creando ambulatori ovunque. Si avviò una
lotta contro l’analfabetismo. Oggi ci sono italiani che si lamentano della
situazione perché venivano in Venezuela e facevano quello che volevano, si
appropriavano di terra, costruivano fabbriche, assumevano lavoratori che non ne
avevano alcun diritto e non pagavano alcuna tassa. Esisteva allora un categoria
di lavoratori chiamati “residenziali”, obbligati a essere a disposizione del
padrone per qualsiasi sua necessità 24 ore su 24. Orario di lavoro e salario
dei lavoratori erano a piena discrezione dei padroni.
Oggi sono stati istituiti tutta una serie di diritti, sette
ore lavorative al giorno, due giornate libere consecutive, la liquidazione,
quindici giorni di ferie all’anno che crescono con il passare degli anni,
divieto di lavoro sotto i 14 anni, divieto di discriminazioni di genere e razziale.
Se un padrone lascia una fabbrica i lavoratori possono farla propria e
continuare la produzione. Probabilmente si riferisce a decise prese di
posizione di Maduro dello scorso anno, in cui il presidente della Repubblica
parlava del fatto che i lavoratori dovevano occupare le fabbriche e i padroni
che le abbandonavano dovevano essere arrestati.[5]
Questo ci fa pensare a quanto scrive Paolo Maddalena, vice
presidente emerito della Corte Costituzionale nella sua proposta di “Attuazione
della Costituzione economica” che è conforme a un programma di un governo di
emergenza, di un governo di blocco popolare. Cita l’art. 42 della Costituzione
secondo il quale “la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge
(cioè dalla volontà suprema del Popolo) ... “allo scopo di assicurarne la
funzione sociale”. Parla quindi della “necessità del passaggio alla proprietà pubblica
comunale dei “beni e dei terreni abbandonati”. Lo consente il citato art.
42 della Costituzione, il quale afferma, come si è appena visto, che “la
proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge .... allo scopo di
assicurarne la funzione sociale”, afferma cioè, senza ombra di dubbio, che
“l’inadempimento della funzione sociale”, e a maggior ragione il perseguimento
di fini antisociali (come è il licenziamento dei lavoratori) fa “venir meno” la
tutela giuridica, e cioè la tutela e la garanzia del diritto di proprietà
privata.”
Maduro e Maddalena sono uomini diversi per età, per
nazionalità, per posizione di classe e per provenienza politica, e la loro
convergenza sulla preminenza della proprietà collettiva sulla proprietà privata
è segno chiaro di come il movimento storico e oggettivo spinge verso la
rivoluzione, spinge a costituire un assetto sociale dove si riconosce che i
mezzi di produzione, il modo di produrre, la distribuzione dei prodotti devono
essere gestiti dalla classe operaia e dal resto dei lavoratori, dai popoli e dalle
masse popolari. Il dominio della borghesia imperialista si incrina e si
disgrega. Questo impariamo a vederlo ovunque, anche in questa iniziativa di
Caserta, dove Iacobbi continua il suo racconto dicendo che oggi quei lavoratori
“residenziali”, schiavi mascherati, sono stati aboliti. Sono garantiti i
diritti di madri, padri e genitori di figli disabili. Si può costituire un
sindacato. Le cause del lavoro si chiudono in poche settimane.
Alle
19 il lavoratore ha il diritto di essere trasportato a casa, dice. Infatti in
Venezuela non ci sono ferrovie, perché gli statunitensi non ne hanno fatte:
viaggiavano in aereo da un possedimento all’altro. Non ci sono autostrade. Ci
vogliono due ore di viaggio per arrivare a casa e ai tropici fa buio alle 18.
La sera dovrebbero fare due ore a piedi nel buio completo. Oggi si forniscono
ai lavoratori auto e autobus.
Maduro conosce bene i problemi dei lavoratori perché è stato
un lavoratore della Metro di Caracas, dice. Aggiunge che non è il denaro quello
che manca, che non si fa la guerra economica facendo mancare il denaro: manca
la farina, mentre si possono acquistare tutti i televisori a schermo piatto che
si vogliono.
Vide un ospedale prima della rivoluzione con i malati a
terra sui cartoni. Oggi racconta dell’ultimo ospedale che ha visto,
completamente gratuito, modernissimo e pulitissimo. Parla dell’ambulatorio con
i medici cubani in cui i malati quando arrivano al pronto soccorso sono curati
immediatamente.
L’impresa più grande di Chávez è stata dare la coscienza
alle masse popolari. Si sta combattendo per eliminare la discriminazione
razziale, e contro un nemico potente, che ha in mano tante risorse e vuole
tornare ai tempi in cui aveva a disposizione una manodopera quasi gratuita,
costretta a vivere in posti come quelli in cui da noi stanno le galline. Oggi
si costruiscono abitazioni a una velocità impressionante.[6]
Oggi la destra dice che tutto quello che manca è per colpa
di Maduro, mentre solo ora si sta imparando a produrre quello che è sempre
mancato. Lui quando è arrivato nel 2001 vedeva la gente che mangiava nelle
pattumiere, o che mangiava cibo per cani, se voleva carne. Mario Neri del
Circolo Bolivariano Gramsci di Caracas sta insegnando a farsi la pasta in casa,
perché gli importatori italiani vendono la pasta al triplo del prezzo che si
venderebbe in Italia. Dice che possiamo comprare macchine per fare la pasta[7] e portarle in Venezuela.
Il governo passa la farina ma corruzione e speculazione
rendono la distribuzione difficile. Il commercio di questo come di altri beni primari è campo di
guerra. Gli USA hanno inventato un sito, DollarToday,
dove definiscono a loro piacimento il cambio tra dollaro e la moneta nazionale,
il bolívar, intervenendo così pesantemente nell’economia del paese. Quando il
governo aumenta i salari, il sito USA svaluta la moneta venezuelana. Si passa
dal pagare un bene X bolívar al pagarlo 4X bolívar, perché i negozianti fanno i
prezzi in base a quello che vedono quanto il bolívar è valutato rispetto al
dollaro su DollarToday.
Il progetto della pasta fatta in casa viene descritto da un
contributo audio di Fabio Salvati, compagno in prima fila nella Rete di Solidarietà
con la Rivoluzione Bolivariana. I corsi per fare la pasta vengono fatti in
strutture collettive, istituzioni comunali, organizzazioni popolari, scuole,
dove all’insegnamento tecnico si accompagna il discorso su come sostenere la Rivoluzione.
Sono stati realizzati 40 di questi corsi. Le macchinette costano circa 30,00 €
e vengono portate a mano, dice perché spedirle costa più che comprarne. Ne
hanno portate una ventina. I corsi hanno un grandissimo successo. Si viene a
fare la pasta nella struttura, e la macchina rimane in quel luogo, che se uno
se la portasse a casa ne farebbe poi uso privato.
Antonio Cipolletta, di ANROS, interviene per parlare dell’attacco
contro la Repubblica da parte non solo degli USA ma anche da paesi che agli USA
sono sottomessi (Messico, Honduras, ecc.). Parla della guerra economica,
psicologica, mediatica ordita dagli USA e gestita dalle mafie interne al paese,
con il contributo di speculatori, arraffatori e contrabbandieri operativi al
confine con la Colombia. Parla delle relazioni internazionali del Venezuela, dell’attivismo
della ministra degli esteri con i paesi produttori di petrolio, del sostegno
alla lotta del popolo palestinese, del sostegno alla Siria, e alla Libia di
Gheddafi, che hanno subito l’attacco da parte degli imperialisti, delle
relazioni avviate con Russia e Cina, che offrono alle Forze Armate Nazionali Bolivariane
(FANB) addestramento ma anche armi, quante ne possono servire in caso di
aggressione. Il Ministero della Difesa lo scorso mese ha simulato una risposta
delle FANB rispetto a una aggressione possibile, parlando di Guerra Popolare di
Lunga Durata.[8]
Il paese, però soprattutto è costruttore di cooperazione, con la costruzione
dell’ALBA,[9] e di prospettive di pace.
Nel paese si pratica quello che abbiamo definito socialismo
del nuovo secolo, un socialismo applicato alle esigenze del paese, dice, aggiungendo
che abbiamo il dovere di sostenerlo. Effettivamente ogni rivoluzione
socialista, anche quella che stiamo costruendo in Italia, va applicata alle
esigenze del paese perché, come dirà Giuliano Granato che interviene ora,
citando il peruviano José Carlos Mariátegui, la rivoluzione in un paese non può
essere ní calco ní copia di quella di
un altro. In Italia, ad esempio, condizioni particolari hanno reso necessario
che per costruire la rivoluzione siano stati costruiti due partiti comunisti, e
non uno solo.[10]
Giuliano Granato dell’ex-OPG parla dell’occupazione dell’ex
Ospedale che stanno gestendo. L’esperienza del Venezuela per loro è
determinante e fonte di ispirazione, anche se la distanza tra la situazione del
nostro paese e quella del Venezuela è molta, dice. Insegnamento prioritario è
quello della democrazia popolare e “protagonica”[11], che viveva in consigli
comunali già esistenti prima che arrivasse Chávez, solo che Chávez li ha
sostenuti ed estesi. Dice che il punto più alto della lotta di classe anche
quanto a partecipazione e protagonismo nei paesi imperialisti è stato in Italia,
l’esperienza più ricca, dice, nonostante le batoste che abbiamo subito, e
quello che viene portato avanti in Venezuela fa tornare in mente questa
ricchezza. Questo dice il compagno, o almeno penso che abbia detto questo,
perché dovrebbe definire meglio cosa intende con esperienza della lotta di
classe nel nostro paese e con “batoste”.
Parla dell’importanza della formazione politica all’interno
dei luoghi di lavoro in Venezuela. Questo fa parte di un processo di “coscientizzazione”
che, dice, in America Latina non è arrivato fino in fondo, e a questo sono
dovuti l’avanzamento della destra in Argentina e Brasile e le difficoltà
presenti in Venezuela. Qui il compagno contraddice quello che ha detto sopra
Iacobbi, secondo il quale Chávez ha dato coscienza alle masse popolari, ma
anche con quello che dirà lui stesso più oltre.
Il nemico non è eliminato, dice. È ancora all’interno del
paese e lavora in modo sotterraneo, e
per questo Chávez invitava i lavoratori al controllo popolare, quello che è
stato portato avanti dall’ex-OPG ai seggi, contro la camorra che, anche nel suo
quartiere, controllava l’andamento del voto.
Abbiamo tanto da imparare dai movimenti di base che hanno portato
al potere Chávez, dice. Chávez pensava che fosse possibile una terza via come
quella dei socialdemocratici, come quella propagandata da Blair, ma una volta
in campo si è reso conto della impossibilità di questo percorso, seguendone
invece uno che rendeva impossibili manovre come quelle applicate in Brasile
contro la Rousseff. In Venezuela, in 18 anni si è costituita una coscienza tra
le masse popolari che è una barriera contro le manovre, dice. Si chiarisce
quindi che il compagno probabilmente vuole dire che mentre in Venezuela le
masse popolari sono state portare ad acquisire una coscienza sufficiente per
arrestare il ritorno della destra, anche se non ancora tale da poter dichiarare
vinta la guerra, in altri paesi questo non è accaduto.
Parla dell’appoggio del governo italiano all’opposizione del
Venezuela, delle imprese italiane che vantano crediti dal governo, secondo
quanto dice Casini.[12]Risponde subito Iacobbi parlando
del credito vantato da compagnie come l’Alitalia, che vogliono essere pagate in
euro, mentre pagano il carburante in bolívar, e fanno prezzi bassissimi grazie
all’intervento del governo. Come altre imprese italiane, Alitalia vogliono
speculare sul cambio tra bolívar e euro. Casini vuole il voto degli italiani
all’estero, di quegli italiani che sono andati in Venezuela e si sono
arricchiti rapidamente grazie alla libertà di speculare e sfruttare. L’Alitalia
in Venezuela aveva un costo del lavoro e della benzina quasi inesistente ed è
andata in attivo, e perciò pretende si torni a quelle condizioni. Non
sopportano una situazione in cui agli operai è dato diritto di discutere
dell’organizzazione del lavoro, a giudicare i padroni, cosa per cui si
organizzano periodicamente assemblee dove si decretano multe se i padroni non sono
in riga, multe che crescono se i padroni persistono nel non rispettare i
diritti dei lavoratori.
Iacobbi vuole parlare anche dell’ultima sconfitta elettorale
da parte delle forze governative. La redistribuzione della ricchezza promossa dalla
rivoluzione bolivariana ha creato un determinato grado di benessere, e la
destra sta mettendo in giro voci che “i comunisti si rimangeranno tutto”. Il
problema, sinteticamente, è che il governo ha fatto l’errore di dare al popolo
il pesce, anziché insegnargli a pescare.
Luigi Sito, presidente del
Sindacato Lavoratori in Lotta chiede perché Maduro, che ha il potere, non ha
possibilità di distribuzione dei beni di prima necessità, e perché non impedisce
a Barilla di andare via portandosi i macchinari. Quindi interviene Paolo
Babini, del P.CARC. Chiede se in Venezuela è stata
avviata una lotta dei sostenitori (capeggiati da Maduro) della linea
consistente nel creare nel paese una struttura produttiva (agricola, industriale
e di servizi) o pubblica o in altro modo collaborante con la direzione della
rivoluzione bolivariana, e se a fronte di questo, oltre alla destra esterna,
quella di cui abbiamo parlato finora, esiste anche una opposizione interna, di
dirigenti che di fatto vogliono limitarsi a prolungare la distribuzione alle
masse popolari (in servizi, in beni e in salari o sussidi) di una parte della
rendita petrolifera lasciando intatto il dominio della borghesia e
dell’imperialismo sulla struttura produttiva e sulla distribuzione e quindi le
forze reazionarie nella guerra economica contro le forze della rivoluzione
bolivariana. Aggiunge che è giusto fare iniziative come questa, dove abbiamo la
possibilità di conoscere la realtà del Venezuela e capire come possiamo sostenere
la rivoluzione bolivariana ma, da un lato il modo migliore per sostenerla è
fare la rivoluzione nel nostro paese, costruire il socialismo, cosa che
parecchi che pure si dicono comunisti in Italia pensano impossibile, come se in
Venezuela si potesse e in Italia no. Inoltre, è giusto che sia anche la
rivoluzione bolivariana a sostenere chi, in Italia, costruisce la rivoluzione
socialista, proprio perché chi fa questo in un paese imperialista porta un
contributo determinante per fare vincere la resistenza contro gli imperialisti
in Venezuela e in ogni parte del mondo.
Interviene quindi Fabiola D’Aliesio, segretaria federale del
P.CARC in Campania. Dice che questa guerra economica in Venezuela ci può
scandalizzare, ma in fondo anche a noi stanno togliendo quanto abbiamo
conquistato. Anche da noi c’è una guerra, anche se non dichiarata. Parla anche
lei di una lotta interna a fronte di un processo come quello che Maduro ha
avviato, ma anche in Italia c’è una lotta tra chi afferma che oggi in Italia è
possibile fare la rivoluzione e chi dice che dobbiamo tenerci questo sistema e
al massimo possiamo pensare di migliorarlo.
Oggi bisogna portare la solidarietà al Venezuela ma la più
grande azione di solidarietà a casa nostra è lottare perché in Italia non ci
siano i Ferdinando Casini di turno. Intende dire che dobbiamo fare un governo
di emergenza, come quello che si sta prefigurando nelle iniziative e nelle
prospettive di alcuni soggetti e forze politiche dopo la vittoria del NO al
referendum del 4 dicembre. Infine torna al tema di cui qui dobbiamo discutere,
quello ruolo del sindacato. Cita l’esperienza che ci è stata raccontata da
esponenti della rivoluzione bolivariana quando hanno istruito i lavoratori a
controllare il porto, nel 2002, un punto cruciale per il blocco delle
importazioni su cui i golpisti contavano per consolidare il proprio potere.
Fa i complimenti all’USB che ha fatto questa iniziativa per
coinvolgere i lavoratori di Caserta, complimenti che vengono condivisi anche da
un intervento telefonico di esponenti della rivoluzione bolivariana, dove si
ribadisce il sostegno al governo di Maduro, il presidente operaio.
Interviene infine Fulvio Beato, dirigente dell’USB di
Caserta, che spiega le ragioni di questa iniziativa. Parla dei lavoratori qui
presenti, a rischio di licenziamento e oggetto di repressione da parte del
padronato. Il Venezuela geograficamente ci è distante, dice, ma quanto lo è
politicamente e socialmente? In fin dei conti qui da noi la situazione non è
cruda come quella del Venezuela pre-chavista, ma abbiamo il caporalato, dove il
sindacato non esiste, e la fase attuale non è avanzata né avanzante, in tutte
le aziende, piccole, medie e grandi, incluse quelle partecipate. In certe
aziende agiamo quasi come una organizzazione clandestina (hanno fatto una
riunione in una ghiacciaia), sotto minacce o della camorra o dell’avvocato del padrone.
Da certi punti di vista il Venezuela è quindi più avanti, quando si parla di
diritti sindacali. Parla del fatto che l’USB ha dovuto firmare il Trattato Unico
di Rappresentanza, che ingabbia l’azione sindacale, cosa sul quale dissente. È
stato un successo, conclude, quello di fare partecipare i lavoratori casertani,
per mostrare loro che, anche se oggi l’URSS non c’è più, purtroppo, comunque qualcosa
c’è.
L’associazione SCETAT conclude ringraziando Iacobbi,
Cipolletta, Granato, Danilo Della Valle dell’ANPI, Beato, Francesco Tescione
dell’USB, Ciro Brescia di ALBAinformazione,
il titolare del ristorante che ha ospitato questa iniziativa, l’organizzazione Speranza
per Caserta, il presidente provinciale dell’ANPI di Caserta, i compagni del
P.CARC e del SLL, e la cantante lirica Teresa Sparaco, “cantante del popolo”.
Conclusione
L’iniziativa è stata indubbiamente un successo. A noi però
serve soprattutto per l’insegnamento principale che ci dà, e che viene
dall’intervento di Fulvio Beato. Contro il senso comune, secondo il quale “noi italiani
siamo quelli che stanno meglio”, Beato dice che in Venezuela, quanto a pratica
sindacale, sia sono più avanti sia avanzano, a fronte di situazioni in cui
bisogna agire clandestinamente, come succede all’USB, a Caserta, ma come
potrebbe succedere in più parti d’Italia, dopo che l’introduzione del Job’s Act
consente al padrone di licenziare i lavoratori che si espongano nelle lotte per
la difesa e l’estensione delle conquiste strappate alla borghesia imperialista
nell’ultimo mezzo secolo. Noi del Partito dei CARC siamo andati a questa
iniziativa dopo avere fatto due discussioni a Napoli, una a GAlleЯi@rt[13] nella Galleria Principe e
una nella Scuola occupata Schipa in via Salvator Rosa, su una intervista al
segretario del (nuovo)Partito comunista italiano, che è un partito clandestino.[14] Le ragioni per cui il
partito comunista deve essere clandestino sono state spiegate dall’inizio e a
fondo nelle pubblicazioni del (nuovo)PCI, e si riassumono nel fatto che se un
partito vuole fare effettivamente la rivoluzione socialista e sa anche come
farla, non può pensare di organizzarsi sotto gli occhi della classe che vuole rovesciare,
pensando che questa si lasci sconfiggere come in una partita a briscola a carte
scoperte. Oggi in una terra come quella dove operano le organizzazioni
criminali si può capire meglio che altrove che anche le lotte rivendicative dei
lavoratori entro la cornice della legalità borghese non si sviluppano, soffocano,
e quindi si finisce per riunirci, giustamente, “in ghiacciaia”.
I comunisti saranno liberi di operare apertamente solo nei
paesi dove avranno conquistato il potere, dice il Manifesto programma del (nuovo)PCI.[15]
Nel nostro paese, come detto sopra, compagni e compagne impegnati nel
lavoro per la ricostruzione del (nuovo)PCI hanno scoperto la necessità che ci
fossero non uno, ma due partiti. Oggi noi compagni e compagne del P.CARC
diciamo spesso, al nostro interno, che senza il (nuovo)PCI il nostro Partito
non avrebbe ragione di esistere, sarebbe un avanzo sbiadito del passato o un
altro opportunista “gruppo di amici” che si dichiara comunista ma cura il
proprio interesse, si scava il proprio spazio nelle istituzioni, nei centri
occupati, nel “movimento”. Se è vero che il P.CARC senza (n)PCI non
esisterebbe, è vero anche che operando in modo combinato con il (n)PCI si
rafforza, si consolida, si rinnova, vince e la strada della riscossa, e della
vittoria, finalmente si apre.
Commissione Gramsci del P.CARC
[1]M’illumino
d’immenso è l’unico verso della poesia di Giuseppe Ungaretti, intitolata Mattino.
Ungaretti, spacciato per grande poeta nello scorso secolo e forse anche in
questo, era “un buffoncello di mediocre
intelligenza”, dice Gramsci, che nel 1932, in una lettera citata nei Quaderni
di Gramsci si vanta della sua vita “fieramente italiana e fascista”. Ungaretti
è uno i cui scritti sono stati insegnati nelle scuole della Repubblica
Pontificia ai figli e alle figlie dei lavoratori e delle masse popolari che
avevano accesso all’istruzione grazie alle lotte del movimento comunista, ma
nessuno ci diceva che era un fascista.
[2]ANROS
è l’Associazione Nazionale di Reti e Organizzazioni Sociali. Vedi in
https://albainformazione.com/2014/12/12/anros-italia-lunga-marcia/
[3]L’ex OPG è
quello che era l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario, a Napoli, nel quartiere
Materdei, occupato nel 2015 da studenti del Collettivo Autonomo Universitario.
[4]Il
patto di Punto Fijo fu stipulato nel 1958 tra i partiti borghesi AD e Copei, i
militari, la Chiesa e le rappresentanze ufficiali di imprenditori e lavoratori.
Si concordò una suddivisione del potere tra due diversi schieramenti di destra
e l’esclusione della sinistra. I soggetti che si alternavano al potere
garantivano agli imperialisti piena libertà di sfruttamento del lavoro e delle
risorse naturali.
[5]In
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/venezuela_crisi_maduro_occupare_fabbriche-1736639.html.
[6]La
costruzione di case di abitazioni procede in modo spedito grazie ai contributi
derivati da accordi con la Repubblica Popolare Cinese, dice Iacobbi.
[7]Sono
quelle piccole macchine che pesano 5 chili e che si usano nelle case per farsi
la pasta.
[8] “Guerra Popular Prolongada”. Vedi in https://albainformazione.com/2017/01/13/17116/
[9]L'Alleanza
Bolivariana per le Americhe (ALBA) (Alianza Bolivariana para América Latina
y el Caribe in spagnolo)
è un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell'America Latina e i paesi caraibici, promossa dal Venezuela e da Cuba in alternativa (da
cui il nome) all'Area di
libero commercio delle Americhe (ALCA) voluta dagli Stati Uniti.
[11]Protagonico
significa “protagonista”, in lingua castigliana.
[13]
https://albainformazione.com/2017/02/17/17176/
[14]http://www.carc.it/2017/02/01/una-nuova-intervista-al-compagno-ulisse-segretario-generale-del-nuovopci-sul-lavoro-del-partito-clandestino-e-la-differenza-fra-lattivita-del-nuovopci-e-quella-del-p-carc/
[15]“I
partiti comunisti svolgono legalmente, alla luce del sole, tutto il loro lavoro
solo dove la classe operaia detiene già il potere: nei paesi socialisti e nelle
basi rosse.” (Manifesto Programma del (nuovo)PCI, ed.
Rapporti Sociali, Milano, 2008, p. 212, in inhttp://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/03_Il_PC_lotta_Italia_nuovo_paese_socialista.html#3_4.)
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