"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

martedì 18 novembre 2014

MORALE E SCIENZA: LA CAROVANA DEL (n)PCI, LE BRIGATE ROSSE E GRAMSCI

L’8 novembre il Partito dei CARC ha tenuto a Roma il primo di quattro seminari su Gramsci, sulla concezione comunista del mondo e la riforma intellettuale e morale che sono il fondamento necessario per costruire la rivoluzione in Italia. Negli altri tre tratteremo della Guerra Popolare Rivoluzionaria, quella che Gramsci chiama “guerra di posizione”, della questione vaticana e della questione meridionale.
È stata una iniziativa di grande interesse. Vi ha partecipato una giovane studentessa di Caracas, e parlando con lei abbiamo compreso meglio cosa, in materia di morale e di scienza, unisce l’esperienza rivoluzionaria del suo paese e quella nostra, e cosa è particolare di ognuna delle due esperienze. Vi hanno partecipato al completo due famiglie di giovani dirigenti del nostro partito, e dalla spiegazione di un padre loro abbiamo compreso come i figli possono diventare educatori di chi li ha generati.
Abbiamo compreso meglio che la concezione comunista del mondo, quella che Gramsci chiama filosofia, è scienza, che è strumento e arma per la trasformazione della realtà. Anche con questi seminari di Gramsci che abbiamo iniziato a fare, a partire dalle grandi città d’Italia, vediamo che le cose cambiano, che i nodi emergono, che un nuovo modo di comportarsi e di pensare si impone, a partire da chi vuole costruire la rivoluzione e lo sta facendo.
È difficile che tutto resti come prima, dopo che abbiamo trattato collettivamente nei seminari questioni che di solito ciascuno tiene dentro di sé, come fosse cosa che riguarda solo lui, o lei, questioni di storia del movimento comunista del nostro paese, questioni della nostra storia personale. Quando parliamo insieme di questi argomenti molti poi vedono il corso delle cose, capiscono che possono anche regolarlo, e acquistano così maggiore serenità e lungimiranza. Si tolgono così di dosso sentimenti di depressione e rabbia, quelli che Gramsci chiama “irrequietezza” e che descrive nelle sue forme, una delle quali è l’ipocrisia, il non voler vedere che i nostri successi e le nostre sconfitte, come dice anche Mao Tse tung, dipendono da noi e non da altri.
Abbiamo compreso meglio che si è comunisti non per il distintivo che si porta e per la bandiera che si sventola. Comunisti lo si diventa quanto più facciamo nostra la scienza per costruire la rivoluzione e quanto più la applichiamo. La rivoluzione in Italia è una cosa nuova, che nemmeno il partito di Gramsci è riuscito a fare, ma non è una attività differente da altre, come il costruire un ponte o un acquedotto, e come ogni attività richiede scienza e determinazione. Il modo di pensare comune, il modo di comportarsi comune non servono, perché bisogna fare una rivoluzione, e quindi ci vogliono una scienza e una morale nuova, radicalmente diversa, a partire dai rivoluzionari, dai comunisti. Questa è la riforma intellettuale e morale di cui parla la carovana del nuovo PCI riprendendo il percorso che Gramsci ha indicato, e su questo tema è intervenuto Vittorio Antonini, militante delle Brigate Rosse, che da poco è uscito dal carcere dove è stato per 29 anni e tre mesi.
Riforma morale e intellettuale significa cambiare modo di pensare e comportarsi. Se il modo nostro  è quello di mettere prima le questioni personali (la famiglia, il lavoro) e dopo le questioni politiche (il nostro impegno per  il miglioramento delle relazioni sociali, il nostro impegno per tutti), cambiare significa rovesciare questo ordine: la politica viene prima. Questo che può risultare strano nel nostro paese e in questi tempi, visto che si insegna a ciascuno che è bene occuparsi soprattutto degli affari propri, cosa che hanno fatto anche quelli che si sono chiamati comunisti da sessanta anni a questa parte, ma è normale in paesi come la Palestina, e in molti altri paesi del mondo, dove la lotta politica, per la liberazione e l’emancipazione viene prima di ogni altra cosa, ed era normale anche nel primo partito comunista italiano, almeno fino alla Resistenza contro il fascismo e il nazismo e fino a quando Togliatti, nel 1956, impresse al partito la svolta che lo fece lentamente degenerare fino alla morte e alla putrefazione che oggi si esprime in personaggi come Napolitano.,
Anche per lui, dice Vittorio Antonini, era normale mettere l’impegno per la causa davanti agli interessi personali. L’identità dei militanti delle Brigate Rosse erano il programma e la strategia dell’organizzazione. Una compagna del Partito dei CARC aveva esposto un suo problema, la contraddizione che sperimentava tra il suo desiderio di impegnarsi integralmente nell’opera della rivoluzione e il desiderio di diventare madre, sicché Vittorio ha raccontato la sua esperienza, alle luce del principio che aveva detto.
Lui stava con una compagna che ora vive in Francia. Lei ebbe due aborti durante la militanza nelle B.R.. Racconta come lei e lui già pensavano con affetto al figlio che era in arrivo, ma l’organizzazione le spiegò che se voleva avere dei figli non poteva stare in Italia. L’organizzazione l’avrebbe fatta espatriare. Lei scelse di restare, e di non avere figli. Gli disse poi, quando entrambi si ritrovarono in carcere, che la scelta era stata dura per lei.
L’intervento di Vittorio è stato quello più significativo del seminario. Paolo Babini, che aveva introdotto il seminario e lo gestiva, ha detto che il suo racconto era importante perché faceva sorgere in tutti noi una domanda: “Noi vogliamo fare nostra la determinazione di chi, come voi, ha messo la lotta per la causa davanti anche alla propria vita, ma dobbiamo chiederci perché voi, nonostante foste così determinati, siete stati sconfitti.” Ha risposto che non basta avere coraggio e determinazione per l’opera che abbiamo intrapreso, per la costruzione della rivoluzione, ma ci vuole anche scienza. Qualsiasi cosa si voglia fare, bisogna anche sapere come, e perciò diciamo che la riforma è morale ma è anche intellettuale. Unendo il comportarsi secondo norme nuove al pensare in modo nuovo noi vinceremo.
Noi abbiamo bisogno di una concezione comunista del mondo nuova, cioè di una scienza nuova, perché dobbiamo fare un lavoro mai fatto da nessuno, cioè fare la rivoluzione in un paese imperialista. Le B.R. furono carenti in questo. La loro elaborazione scientifica fu inadeguata. La questione è trattata in dettaglio nel Manifesto Programma del (nuovo)PCI, a cui il relatore ha fatto riferimento(1).
Partiremo da questi argomenti il 21 dicembre, a Roma, nel secondo seminario, dove parleremo della Guerra Popolare Rivoluzionaria, la strategia per fare la rivoluzione che fu scoperta da Mao e di cui Gramsci scrive nei Quaderni del carcere.

Paolo Babini


NOTE
1. Manifesto Programma del (nuovo)PCI, ed, Rapporti Sociali, Milano, 2008, pp. 145-150, in http://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/02_01_bilanlottaclasse.html#2-1-3

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