24 agosto 2014
Gramsci è vivo! Noi siamo
Gramsci!
Quest’anno revisionisti moderni ed
esponenti della sinistra borghese si sono in gran numero combinati nella
celebrazione prima del 30° anniversario della morte (11 giugno 1984) di Enrico
Berlinguer che era stato di fatto alla testa del PCI dal 1969 quando divenne
vice di Luigi Longo, poi del 50°
anniversario della morte di Palmiro Togliatti (21 agosto 1964) che aveva
diretto il PCI a partire dal suo rientro in Italia nel 1944. Con accenti
diversi e da angolature diverse hanno raccontato quanto l’uno e l’altro siano
stati grandi personaggi, ne hanno celebrato l’opera e ne hanno cantato le lodi.
Una cosa che li ha accomunati è che, pur
parlando dei dirigenti supremi del partito che per decenni ha diretto le masse
popolari del nostro paese, non si sono sentiti in dovere di valutare l’opera
dei due “grandi personaggi” dalle sorti del Partito che essi hanno diretto e
delle masse popolari di cui quel partito nel bene e nel male è stato alla
testa. Insomma la negazione assoluta, per molti certamente addirittura
l’ignoranza del criterio proprio del materialismo dialettico: per valutare
l’opera di un uomo, bisogna basarsi anzitutto sui risultati della sua attività.
Non bisogna basarsi su sentimenti e su pregiudizi né sugli aspetti secondari
della sua vita e della sua personalità. Questa è la prassi della cultura
clericale e della cultura borghese, non quella dei comunisti.
Ogni individuo ha mille aspetti e la sua
vita si compone di molte azioni e momenti. Ma quando valutiamo il ruolo che
l’individuo ha avuto nella società in cui è vissuto, dobbiamo considerare la
sua attività principale, quello che egli ha dato e ha lasciato. Questo criterio
vale nel valutare l’attività di ogni uomo. Ogni uomo vive nelle sue opere.
Tanto più se si tratta di persone che per un motivo o l’altro hanno avuto un
ruolo importante nella vita del loro tempo.
Per valutare, per Togliatti o per
Berlinguer, il valore della direzione che essi hanno dato al PCI, noi comunisti
ci basiamo sui risultati oggettivi della pratica sociale. Vale per la loro
opera di direzione, quello che vale per una teoria. “Per valutare la verità di
una conoscenza o di una teoria, l’uomo non si deve basare sui propri sentimenti
personali e soggettivi, ma sui risultati della pratica sociale. Il criterio
della verità può essere soltanto la pratica sociale. Il punto di vista della
pratica è il punto di vista primo e fondamentale della teoria
dialettico-materialista della conoscenza (Mao Tse-tung, Sulla pratica,
luglio 1937, Opere di Mao Tse-tung,
ed. Rapporti Sociali, vol. 5). Togliatti e Berlinguer vivono oggi nello sfacelo
che con la loro direzione del PCI hanno prodotto nel movimento comunista e
nella condizione delle classi popolari del nostro paese. Questo è quello che
resta di loro. Quali classi sono loro grate per questa opera?
C’è tuttavia un lato positivo nelle
celebrazioni dell’opera di Togliatti e di Berlinguer fatte da revisionisti
moderni e da esponenti della sinistra borghese: con queste celebrazioni campate
in aria del passato essi riconoscono implicitamente che il presente è peggio
del passato. In questo sta il loro legame di sentimenti con la realtà pratica
delle masse popolari del nostro paese. Che il triste presente sia il risultato
della storia che abbiamo alle spalle, quindi anche dell’opera dei personaggi
che essi celebrano, è una verità che supera quello che la loro posizione di
classe gli permette di capire, la loro capacità di comprensione.
Ogni uomo è quello che fa e quello che di
lui esiste e opera. Proprio per questo diciamo che Gramsci vive.
È grazie alla lotta che stiamo conducendo
e solo grazie ad essa che noi affermiamo che Gramsci è vivo. Perché noi siamo
Gramsci. Perché egli vive nella nostra opera. Nella sua opera e nei suoi
scritti noi troviamo ispirazione e alimento per l’opera che stiamo oggi compiendo. Per questo, nell’Avviso ai naviganti 45
del 28 luglio, abbiamo detto “Non denigrate Gramsci!” a Guido Liguori e a
quanti altri dicono che l’opera con cui prima Togliatti e poi Berlinguer hanno
corrotto e disgregato fino alla sua estinzione il movimento comunista del
nostro paese era fondata sugli insegnamenti di Gramsci.
Su questa base facciamo nostra e
diffondiamo la dichiarazione rilasciata recentemente da Paolo Babini,
responsabile della Commissione Rinascita di Gramsci, dopo i seminari e gli
incontri svoltisi durante la Festa della Riscossa Popolare tenuta dal Partito
dei CARC a Napoli dal 17 al 27 luglio.
(nuovo)Partito comunista italiano
Comitato Centrale
Sito: http://www.nuovopci.it
e.mail: lavocenpci40@yahoo.com
Delegazione:
BP3 4, rue Lénine 93451 L'Île St Denis (Francia)
e.mail: delegazionecpnpci@yahoo.it
(nuovo)Partito comunista italiano
Comitato Centrale
Sito: http://www.nuovopci.it
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BP3 4, rue Lénine 93451 L'Île St Denis (Francia)
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Festa della
Riscossa Popolare di Napoli. La Rinascita di Antonio Gramsci
Alla
Festa Nazionale della Riscossa Popolare di Napoli, tra il 17 e il 27 giugno,
abbiamo tenuto cinque seminari e un dibattito pubblico sulla Rinascita di
Antonio Gramsci.
Le
iniziative sono andate molto bene, per la partecipazione che, nei seminari, è
arrivata oltre le quaranta persone, e perché siamo arrivati in porto passando
tra tempeste, sia per quanto riguarda l’esterno, perché il colle dei Camaldoli
dove la festa si è svolta è stato martellato da temporali e scosso da lampi per
gran parte del tempo, sia per quanto riguarda l’interno, cioè noi, perché
trattare Gramsci in modo vivo significa rimettere tutto in discussione e
trasformarci, tempestare e tempestarci, e senza timori. “Se ci devono essere polemiche e scissioni, non
bisogna aver paura di affrontarle e superarle”(1) dice Gramsci, perché sono
inevitabili nello sviluppo della guerra che conduciamo e del partito che
costruiamo. Chi tenta di evitarle sarà responsabile di esiti catastrofici,
dice.
Il Comunicato
n. 27 del Comitato Centrale del (nuovo)PCI del 10 agosto scrive: “…ci troviamo alle prese con un’impresa nuova. E il primo
fondamentale compito per ogni dirigente comunista oggi è fondare
scientificamente la sua certezza granitica che instaurare il socialismo nei paesi imperialisti è
possibile. Gran parte dei problemi e delle difficoltà che incontriamo ad
avanzare, anche a imparare a fare la rivoluzione socialista, a condurre la Guerra Popolare
Rivoluzionaria (GPR), ad elevare il livello intellettuale e morale nelle
nostre file è dovuta a incertezze e dubbi su questa questione.”(2)
Fondare scientificamente la certezza granitica che instaurare il
socialismo nei paesi imperialisti è possibile è stato il tema del primo
seminario, sulla concezione comunista del mondo, partendo da quello che Gramsci
scrive sulla filosofia come scienza.
Elevare il livello intellettuale e morale nelle nostre file è
stato il tema del secondo seminario, partendo da quello che Gramsci scrive
sulla riforma intellettuale e morale.
Imparare a condurre la Guerra Popolare Rivoluzionaria è stato il tema
del terzo seminario, partendo da quello che Gramsci scrive sulla guerra di
posizione.(3)
Questi e gli altri seminari, dunque sono stati usati come
momento per cominciare a togliere le varie incertezze e dubbi sulla questione
di cui parla il Comunicato, cioè che fare la rivoluzione è possibile e che
questa è una verità scientifica. Sono incertezze e dubbi coltivati e seminati
con continuità e in modo capillare da tutte le schiere di “cultori gramsciani”
che vivono nelle università, nei centri studi, nelle fondazioni, nei partiti,
tutti, nessuno escluso, impegnati a spiegare che quella di Gramsci scienza non
è, e a cui chiediamo cosa altro è, se esercizio intellettuale, se narrazione,
se opinione, o cosa, e se era qualcosa del genere perché non gli fu affidata
una cattedra universitaria, il che si fa a tutti quegli intellettuali che,
appunto, negano il valore di scienza alla teoria rivoluzionaria, e la degradano
a spiegazione della realtà da mettere a fianco di altre spiegazioni, tutte di
pari dignità, tutte indifferenti e una rispetto all’altra diversamente piatte.
Il (nuovo)PCI ha trattato di queste interpretazioni che
svuotano il pensiero di Gramsci di ogni contenuto rivoluzionario per riempirlo
di paglia come si fa quando si vuole imbalsamare un cadavere, che al posto di
quello che tolgono mettono quello il contenuto controrivoluzionario più
funzionale al mantenimento del regime presente, come è spiegato “in
forma di lettera aperta al prof. Guido Liguori e ad altri illustri
intellettuali che si dichiarano comunisti” nell’Avviso ai Naviganti 45 dal
titolo Non denigrate Gramsci!
Non scaricate sul
pensiero di Gramsci la responsabilità della corruzione e disgregazione del
movimento comunista italiano!(4)
A queste varie interpretazioni di Gramsci ha accennato il relatore
della Commissione Rinascita Gramsci nel dibattito pubblico, cui hanno preso
parte Sergio Manes della Casa Editrice “La Città del Sole” e Ciro Brescia di
Red Por Ti America, nella introduzione che riporto di seguito:
“Non portiamo una ulteriore
interpretazione di Gramsci da mettere accanto alle altre, né il nostro punto di
vista, come fosse una merce sul mercato culturale.
Quando
diciamo che “apriamo le porte del carcere e liberiamo Gramsci, che è vivo”,
diciamo qualcosa di qualitativamente diverso rispetto al parlare poetico o per
metafore per esprimere cosa che vorremmo e non è, perché Gramsci vivo non è, ma
morto. Invece è vivo.
Secondo
la concezione clericale del mondo Gramsci era una persona, ed è morto, per di
più senza i sacramenti. In effetti fu condannato a morte dal regime fascista, e
quel regime fu sostenuto dal Vaticano, per cui si può dire che la condanna a morte di Gramsci è responsabilità anche del
Vaticano, e infatti è tipico del Vaticano e della sua ultima espressione di
potere, la Repubblica Pontificia in cui viviamo, condannare a morte in modo non
dichiarato, ma “rendendo la vita impossibile”, come accade anche oggi per Mauro
Gentile, agli arresti domiciliari a Teramo, cui sono negate le visite mediche e
le cure soprattutto da quando ha iniziato a comunicare con il Partito dei CARC
e ancora più quando decise di intraprendere un percorso di studio sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI.
Secondo
la concezione borghese del mondo Gramsci era un individuo singolo, nato in data
determinata e morto in altra data. È stato un individuo capace, che ha scritto
molto, e dal suo scrivere si può trarre profitto, come se ne trae da altri
martiri, anche martiri del movimento
comunista come il Che Guevara. La loro morte è utile al borghese: gli serve per
dimostrare che i comunisti possono essere anche persone nobili e nobilissime,
ma in tal caso muoiono, perché “sacrificano la loro vita per un ideale
irrealizzabile”, quale è l’abolizione della società divisa in classi.
Secondo
la concezione comunista del mondo, invece, Gramsci è vivo. Lui stesso lo dice:
l’individuo è soggetto collettivo, intreccio e incrocio dei relazioni, di
rapporti, espressione di contraddizioni che lo spingono a crescere, e quindi
non un essere, ma un processo. I rapporti che lo compongono sono quelli per cui
è in relazione con gli altri esseri umani e con la natura. “…farsi una
personalità significa modificare l’insieme di questi rapporti (…) [e] averne
coscienza più o meno profonda (cioè conoscere più o meno il modo in cui si
possono modificare) già li modifica. Gli stessi rapporti necessari in quanto
sono conosciuti nella loro necessità cambiano d’aspetto e d’importanza. La
conoscenza è potere, in questo senso.”
L’individuo
in quanto intreccio di relazioni è collettivo: è, per ciò che riguarda le
relazioni naturali, padre, figlio, madre, sposo o sposa, eccetera, e per ciò
che riguarda le relazioni sociali operaio, servo, padrone, comunista nel senso
di membro di un partito comunista, eccetera. In tale senso, non muore ma nel
persistere del collettivo di cui è parte vive una forma superiore di vita. Non
vive, però, nel “ricordo”, nel senso che è vivo fino a che qualcuno si ricorda
di lui, motivo per cui dovrebbe perseguire la fama, magari con il martirio. La
fama non interessa a chi vive nella forma di collettivo più alta, cioè il
partito, come nel caso di Gramsci.(5) Vive per quanto contribuisce allo
sviluppo del collettivo e nella realizzazione degli obiettivi che il collettivo
si pone, motivo per cui Gramsci vive nella costruzione della rivoluzione, e
tanto più vive quanto più il fare dell’Italia un nuovo paese socialista avanza.
In particolare, vive negli strumenti e nelle armi che ha forgiato. In essi si
incarna. Serve a noi per imparare a pensare, per imparare a dirigere. Come
abbiamo visto i venezuelani scrivere sui cartelli, sui visi, sui volti “yo soy
Chavez” noi possiamo ben dire “Gramsci siamo noi”. Continuiamo la sua opera. La
sua lotta è stata dura, e tale è e sarà la nostra, ma la vittoria è sicura.(6)
Paolo Babini - Commissione Rinascita Gramsci
12 agosto 2014
NOTE
1. A. Gramsci, Quaderno 7, Nota 79, in Quaderni del carcere, Einaudi, 2001, p.
751, e in
http://www.nilalienum.com/Gramsci/0_AntologiaG/infrastruttura.html.
http://www.nilalienum.com/Gramsci/0_AntologiaG/infrastruttura.html.
2. Quali insegnamenti per cambiare il corso attuale delle cose?, in
http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com.14.08.10.html.
http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com.14.08.10.html.
3.
I temi degli altri due seminari sono stati la questione meridionale e quella del Vaticano, entrambe questioni cui la rivoluzione socialista darà
soluzione adeguata. In particolare, i compagni di Napoli che hanno partecipato
al seminario hanno sottolineato come la rinascita del movimento comunista e la
riscossa delle masse popolari del meridione d’Italia aprirà la strada alla
costruzione della rivoluzione nel nostro paese.
5.
“Gli uomini in generale non desiderano che i loro cari versino lacrime.
Ma se sei in punto di morte non desideri forse che i tuoi cari versino lacrime
per te? Ma gli uomini senza lacrime in nessuna circostanza desiderano che i
loro cari versino lacrime, e neanche il sangue vogliono: rifiutano per sé
pianti e rovine. Essere ammazzati in mezzo a una folla di diecimila spettatori
è più bello che essere ammazzati in modo che “gli uomini non sappiano, gli
spiriti non sentano”, perché ci si può illudere di provocare le lacrime di
qualche spettatore. Ma gli uomini senza lacrime non si curano di dove sono
ammazzati, per loro è assolutamente lo stesso. Se si ammazza un uomo senza
lacrime, non se ne vedrà neanche il sangue. I suoi cari non proveranno pietà
perché è stato ammazzato e il suo nemico non ne proverà gioia: questa è la sua
ricompensa e la sua vendetta.” (Lu Hsun, Letteratura
e sudore, Mazzotta Editore, Milano, 1978, p. 32).
6.
“La lotta sarà dura, perché grande è l'opera che dobbiamo compiere. Ma la
vittoria è sicura. Quello di cui siamo sicuri e di cui ci rendiamo garanti è
che la nostra opera è possibile, che l'instaurazione del socialismo è la via
necessaria e possibile attraverso la quale le masse popolari del nostro paese
porranno fine al marasma attuale e apriranno una nuova fase della loro vita,
insieme agli altri popoli che in ogni paese resistono e lottano.” (Comunicato del Comitato Centrale del (n)PCI 16/2014 - 24
aprile 2014 Celebriamo l’anniversario del
glorioso 25 aprile 1945, della vittoria sul nazifascismo, raddoppiando gli
sforzi per la rinascita del movimento comunista!, in http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com.14.04.24.html.)
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