"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

giovedì 20 agosto 2015

QUADERNI IN PILLOLE - Q1, Nota 38

AZIONE CATTOLICA (1) - SAPERE SPIEGARE

In questa Nota Gramsci dice che l’Azione Cattolica ha una caratteristica che il movimento comunista deve apprendere. Dice che quando dobbiamo spiegare qualcosa a chi non è abituato a un esame scientifico della realtà dobbiamo usare esempi pratici, anzi serie di esempi pratici. Scrive:
“Il lettore comune non ha e non può avere un abito "scientifico" che solo viene dato dal lavoro specializzato: occorre perciò aiutarlo con una attività letteraria opportuna. Non basta dargli dei "concetti" storici; la loro concretezza gli sfugge: occorre dargli serie intere di fatti specifici, molto individualizzati. Un movimento storico complesso si scompone nel tempo e nello spazio da una parte e in piani diversi (problemi speciali) [dall'altro,] anch'essi scomponibili nel tempo e nello spazio.”
Questo è quanto ha saputo fare l’Azione Cattolica. Infatti “essa ha avuto sempre una direttiva centrale e centralizzata, ma anche una grande varietà di atteggiamenti regionali nei diversi tempi.”
 Tutti i comunisti, ma soprattutto quelli che nel partito hanno ruolo di insegnanti o intendono averlo, devono essere capaci di tradurre il generale nel particolare facendo esempi che riguardano l’esperienza di chi hanno di fronte, esperienza quindi che devono conoscere. Diversamente, se si limitano a esporre i principi generale o a ripetere le direttive del centro del partito senza applicarle alla realtà concreta in cui sono, i loro discorsi e le loro direttive diventano lettera morta.
Di questo parla il nuovo PCI nel numero 50 de La Voce, dove si indicano alcuni elementi di cui dobbiamo tenere conto.
“1. L’originalità della nostra concezione, analisi e linea che in generale sono (…) espresse con i vocaboli e le espressioni del linguaggio corrente in cui gli stessi vocaboli e le stesse espressioni hanno un significato diverso da quello che diamo noi, ricavabile dal contesto dei nostri scritti (per questo spesso conviene usare parafrasi).
2. La noncuranza se non il disprezzo correnti nella sinistra borghese per il pensiero e la teoria, in particolare negli ambienti “rivoluzionari”: qui predomina il rivoluzionarismo volgare che non comprende che la parola e la teoria sono anch’esse azione e che esercitano, in certi periodi, un ruolo potente (quello che la borghesia e il clero combattono con il primo pilastro della controrivoluzione preventiva).
3. Lo stile stereotipato che molti di noi adottano nel fare propaganda: usando formule e parole di rito, addirittura abbreviazioni o sigle (GBP, RP, ecc.): il contrario dello stile vivace, con riferimenti a casi noti al pubblico, con termini ed espressioni locali, con parafrasi.
Il linguaggio che usiamo nella nostra rivista e nei nostri comunicati certamente non è scelto per far presa “sulla maggioranza” a cui i nostri scritti non arrivano. È quello che riteniamo necessario per spiegare la nostra concezione e la nostra linea a quelli che, per l’una o l’altra ragione della loro esperienza, hanno capito che devono fare lo sforzo e darsi i mezzi necessari per imparare una scienza difficile che permetterà a ognuno di essi di parlare usando “il dialetto del posto” al semplice lavoratore, alla casalinga, all’immigrato, al giovane. È un metodo che funziona. Ogni scienza ha bisogno di un linguaggio appropriato. “Dal nostro linguaggio oscuro, alla lingua parlata”, dicevamo già nel primo numero (marzo 199) di La Voce.”(2)
Al riguardo è assolutamente istruttivo quello che dice Mao Tse tung nel discorso sullo stile stereotipato nel partito(3), contro il quale elenca otto capi d’accusa, molti dei quali hanno a che fare con quello che scrive il nuovo PCI. Considerato che in varie forme si manifestano ancora oggi anche tra i comunisti, li riportiamo tutti,
1. “Primo capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: perdersi in chiacchiere interminabili, prive di contenuto.”
2. “Secondo capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: assumere un tono affettato e pretenzioso per intimidire la gente (…)Lu Hsun, criticand questa gente, ha detto: “Insultare e intimidire non significa combattere”. Ciò che si fonda sulla scienza non teme la critica, perché la scienza è verità e in quanto tale non teme la confutazione.”
3. “Terzo capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: scoccare la freccia a caso, senza tener conto del bersaglio.”
4. “Quarto capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: avere un linguaggio piatto e insipido…”
5. “Quinto capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: esporre gli argomenti trattati in un’infinita serie di punti successivi come in una farmacia tradizionale cinese.”
6. “Sesto capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: mancare di senso di responsabilità, arrecare danno a tutti. (…) Molti scrivono articoli o fanno discorsi senza fare uno studio o una preparazione preliminari. Quando hanno terminato un articolo, si affrettano a pubblicarlo, senza neanche prendersi il fastidio di rileggerlo almeno un paio di volte…
7. “Settimo capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: avvelenare tutto il partito, nuocere alla rivoluzione.”
8. “Ottavo capo d’accusa contro lo stile stereotipato di partito: attraverso la sua diffusione, condurre il popolo e il paese alla rovina.”
Consigliamo lo studio di tutto il discorso di Mao Tse tung, cosa che sicuramente rende i comunisti capaci di esporre la loro concezione in modo tale da estendere la loro influenza in misura esponenziale.

NOTE
1. Quaderni del carcere a cura di Valentino Gerratana, Einaudi, 2001 (prima ed. 1975), Torino, pp 27-29.
2. La Voce del nuovo PCI, n.50, luglio 2015 p. 56, in http://www.nuovopci.it/voce/voce50/evitare.html.
3. Mao Tse tung, Opere, ed. Rapporti Sociali, Milano, 1992, vol. 8, pp. 149-161 [da qui in poi, MAO], in http://www.nuovopci.it/arcspip/IMG/pdf/08.pd

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