"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

mercoledì 19 agosto 2015

GRAMSCI E LA SEMPLICITA'

Il Vaticano vuole tirare fuori sangue dalle rape, e perciò Bergoglio ha voluto prendere nome di Francesco, tentando di contrabbandare le cose che dice come “semplici”, tali che le capiscono anche uccelli e lupi, mentre sono solo banali, e false. Se hanno tanto successo presso la sinistra borghese è perché questa è disposta a tutto pur di non dovere fare i conti con il comunismo, che è la semplicità vera, quella che è “difficile a farsi” e che quindi non va bene per una serie di individui pigri e opportunisti che ancora riscuotono fiducia da parti consistenti delle masse popolari.
La semplicità di Bergoglio è contraffatta, e quindi è una falsa medicina, che bene non fa e anzi fa male. È utile sapere cosa pensa Gramsci di questo genere di contraffazione. Ne scrive dal carcere alla cognata Tania, nella lettera 147, il 10 marzo 1930:
“Francesco si pose come iniziatore di un nuovo cristianesimo, di una nuova religione, sollevando enorme entusiasmo come nei primi secoli del cristianesimo. La Chiesa non lo perseguitò ufficialmente, perché ciò avrebbe anticipato di due secoli la riforma, ma lo immunizzò, disgregò i suoi discepoli e ridusse la nuova religione a un semplice ordine monastico ai suoi servizi. Se leggi i fioretti per fartene una guida di vita, non ne capisci nulla. Prima della guerra è successo che Luigi Luzzatti pubblicasse nel «Corriere della Sera» un fioretto ritenuto da lui inedito accompagnandolo da una lunga confutazione economico-sociale, cosa da far smascellare dalle risa. Ma oggi nessuno può pensare una cosa simile: neppure i frati francescani, la cui regola è completamente trasformata anche nella lettera e che del resto tra gli ordini religiosi sono decaduti in confronto ai gesuiti, ai domenicani e agli agostiniani, cioè agli elementi religiosi che sono specializzati nella politica e nella cultura. Francesco fu una cometa nel firmamento cattolico; il fermento di sviluppo invece rimase in Domenico (che diede il Savonarola) e specialmente in Agostino dal cui ordine è uscita la riforma prima e il giansenismo piú tardi. S. Francesco non fece della speculazione teologica; cercò di realizzare praticamente i principii del Vangelo; il suo movimento fu popolare finché visse il ricordo del fondatore, ma già in fra Salimbene da Parma, vissuto una generazione dopo, i francescani sono dipinti come dei gaudenti. E non parliamo della letteratura in volgare: Boccaccio è lí per mostrare come l'ordine fosse scaduto nella stima pubblica; tutti i frati del Boccaccio sono francescani".
Gramsci torna sulla questione della religione più di un anno dopo, in un’altra lettera alla cognata (Lettera 202, 27 luglio 1931). Qui disgrega un pregiudizio molto diffuso ancora oggi, e perciò è utile rileggere quello che scrive. Pensate a quando un comunista intende parlare della concezione comunista del mondo a un bambino (esempi di questo tipo si sono diradati negli ultimi decenni, ma stiamo riorganizzandoci per farlo) Subito si alza un coro di proteste sul fatto che stiamo cercando di indottrinare un piccolo approfittando della sua innocenza.
La Chiesa di Roma fino dal momento in cui uno nasce pretende di imprimere su di lui il suo marchio e lo segue quindi pronta a calare su di lui non appena diventa capace di intendere. Gramsci scrive:
“La Chiesa Cattolica, che indubbiamente è l'organismo mondiale che possiede la maggiore accumulazione di esperienze organizzative e propagandistiche, ha fissato ai 7 anni l'entrata solenne nella comunità religiosa con la prima comunione, e presuppone nel fanciullo la prima responsabilità per la scelta di una ideologia che dovrebbe imprimere un ricordo indelebile per tutta la vita.”
Chi critica i comunisti come indottrinatori magari pensa che anche la Chiesa è tale, e che la vera educazione è “nessuna educazione” perché uno, secondo loro, ha già in sé quello che gli serve scoprire. Questo è un ragionamento che non applicano a nessun altro campo: nessuno di loro lascerebbe il proprio figlio solo in mezzo a una selva o a un deserto o a un campo di battaglia o su un gommone nel Mar Mediterraneo, pensando che saprebbe cavarsela da solo. Questo ragionamento per cui pensare sarebbe infine naturale come cacare lo applicano anche agli adulti, per cui quando si vuole, per esempio, trattare una vertenza sindacale con lo strumento dell’analisi politica subito si ergono muri di diffidenza, come se gli operai fossero esseri umani capaci di intendere solo quando si parla di soldi, di tempo libero, eccetera, e non capaci di sognare, capaci di poi di governare se stessi e il mondo, cosa per cui è appunto necessaria scienza politica.
Anche tra quelli che fino a oggi si sono sentiti in qualche misura anticlericali e quindi ostili a ogni genere di “indottrinamento”, comunque, vengono fuori fans di Bergoglio, e quindi lo lodano come se la sua fosse la semplicità di un bimbo, come se fosse cosa “naturale”.
È senz’altro possibile insegnare a un tredicenne le leggi della generazione del plusvalore e della caduta tendenziale del saggio di profitto, cose che gli servono per capire come va la società in cui vive tanto quanto gli è utile sapere che la luna è un satellite è che le stelle sono soli, e non buchi di una coltre nera che copre la luce eterna. Se non lo facciamo, siamo responsabili della sua ignoranza e non lo facciamo perché sono cose che non sappiamo nemmeno noi, e che dobbiamo studiare. Dobbiamo studiare, se vogliamo che il mondo sia come vogliamo.

NOTE
1. B. Brecht, Lode al comunismo, 1933.

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