"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

domenica 22 gennaio 2017

ROMANI E ROMANE, STUDIATE, CHE ABBIAMO BISOGNO DI TUTTA LA VOSTRA INTELLIGENZA





 

Bisogna  studiare, e sostenere la ricerca scientifica, come si è sempre fatto nel movimento comunista, e come nella Carovana del (nuovo)PCI facciamo crescendo in destrezza, costruendo luoghi di studio che non sono le brutte copie delle scuole borghesi, ma centri di ricerca dove tra la scienza che elaboriamo e quanto si insegna in una università borghese c’è un abisso. Questa scienza che la Carovana sta elaborando, insegnando e sperimentando nella lotta di classe degli ultimi trenta anni, per gli elementi avanzati della classe operaia e delle masse popolari è preziosa come il pane, come avere una casa, o un posto di lavoro. Se ti dò un pesce è importante, ma se ti insegno a pescare è decisivo, dice il proverbio.
Promuovendo e organizzando questo studio la Carovana del (nuovo)PCI  si è riassestata sulla strada del movimento comunista, con una specificità che riguarda la penisola, e Roma, centro del potere papale. La Chiesa di Roma combatte la scienza, perché esige la fede. Combatte la scienza fino dai tempi di Galileo Galilei e Giordano Bruno. Obbliga al pentimento Galilei nel 1633 e lo riabilita solo nel 1992.
La Carovana del (n)PCI, in questo 2017, arriva  a Roma con il patrimonio scientifico che ha elaborato e sperimentato. Presentiamo il Manifesto Programma del (nuovo)PCI e iniziamo un corso dove lo spieghiamo riga per riga. Invieremo indicazioni a breve. Veniamo a presentare il conto dei secoli di ignoranza in cui i papi di Roma hanno costretto le popolazioni di questa penisola, e iniziamo a spazzare via, oltre all’ignoranza, il “dire il peccato ma non il peccatore”, il lanciare il sasso e nascondere la mano", il pentitismo, la falsa misericordia, la doppia verità e doppia morale e tutta una serie di schifezze e sudiciume quale sempre si accumula negli angoli nel corso del tempo. Di tutti i papi di questi secoli, e dei loro prestanome che hanno governato il paese nell’ultimo mezzo secolo, non ne riabiliteremo alcuno. Sarà un lavoro lungo, ma già a iniziarlo si respira aria di liberazione, e se le masse popolari ci aiutano, come fecero i due esseri immortali che aiutarono Yu Kung, finiremo prima del previsto.

La favola di Yu Kung

Un’antica favola cinese, intitolata Come Yu Kung rimosse le montagne, racconta di un vecchio che viveva tanto, tanto tempo fa nella Cina settentrionale ed era conosciuto come il “vecchio matto delle montagne del nord”. La sua casa guardava a sud, ma davanti alla porta due grandi montagne, Taihang e Wangwu, sbarravano la strada. Yu Kung decise di spianare, con l’aiuto dei figli, le due montagne a colpi di zappa. Un altro vecchio, conosciuto come il “vecchio saggio”, quando li vide all’opera scoppiò in una risata e disse: “Che sciocchezza state facendo! Non potrete mai, da soli, spianare due montagne così grandi”. Yu Kung rispose: “Io morirò, ma resteranno i miei figli; moriranno i miei figli, ma resteranno i nipoti e così le generazioni si susseguiranno all’infinito. Le montagne sono alte, ma non possono diventare ancora più alte; a ogni colpo di zappa, esse diverranno più basse. Perché non potremmo spianarle?” Dopo aver così ribattuto l’opinione sbagliata del vecchio saggio, Yu Kung continuò il suo lavoro un giorno dopo l’altro, irremovibile nella sua convinzione. Ciò impietosì il Cielo, il quale inviò sulla terra due esseri immortali che portarono via le montagne sulle spalle.[1]

Anche noi della Carovana siamo matti, come Yu Kung. Ce lo hanno detto a Napoli a una assemblea di Rete dei Comunisti, il 12 gennaio, e lo dice Rizzo, il capo del Partito Comunista detto “di Rizzo” (visto che non ha altre attribuzioni: non è “italiano”, “internazionale”, “dei lavoratori”, “combattente”, ecc.): “chi oggi dice di volere fare la rivoluzione socialista o è un matto o è un poliziotto”, dicono. Visto che noi, a differenza di Rizzo e di massima parte dei dirigenti di RdC, siamo stati in carcere, siamo stati sotto processo e ancora lo siamo da trenta anni a questa parte, come potremmo essere poliziotti? Quindi per esclusione, dovremmo essere, secondo loro, matti.


Non ci sono solo i preti a voler tenere le masse popolari nell’ignoranza.

Ci sono quelli che dicono che ai lavoratori e ai lavoratrici interessa difendere i loro interessi immediati, che per quelli lottano, che quelle lotte noi dobbiamo sostenere, e che è sbagliato parlare loro di questioni di principio, di questioni ideologiche e che non sono interessati agli scontri di tipo ideologico. Questa posizione è stata espressa da Sergio Cararo, direttore di Contropiano, nell’assemblea promossa da Rete dei Comunisti a Napoli il 12 gennaio scorso, in cui organismi della Carovana del (nuovo)PCI hanno mostrato che quelli di Rete dei Comunisti comunisti non sono, visto che dicono che la rivoluzione socialista è impossibile. Sergio Cararo ha detto che ai lavoratori di questo che la Carovana del nuovo PCI dice alla sua Rete “nun je ne po’ fregà de meno”. Di questioni come la rivoluzione, il partito comunista e altro, Cararo e altri del suo giro pensano debbano trattare gli addetti ai lavori, in convegni specifici. In realtà, nell’assemblea del 12 gennaio, dove si prevedeva lo scontro ideologico e politico che poi si è dato, sono venute circa un centinaio di persone, mentre al Forum indetto con tanto di intellettuali a Roma sul vecchio che muore e (secondo questa Rete) sul nuovo che non può nascere, a quanto ci risulta i presenti erano una cinquantina. Questo smentisce l’affermazione di Cararo, che per il fatto di essere detta in romanesco non per questo è genuina.
Ci sono quelli che dicono che studiare si deve, ma intendono con studio quello che si fa nelle scuole borghesi. Pensano che l’economia, la politica e la filosofia che si insegna nelle università è scienza, mentre quello che insegna il movimento comunista è “ideologia”, opinione. Qui si torna a Rete dei Comunisti che, quando fa un dibattito sul partito, sul comunismo, eccetera, non si rivolge alle forze che costruiscono la rivoluzione, che costruiscono il partito, nemmeno per criticarle. Chiamano gli esperti, i professori, come se questi fossero “tecnici”, al di sopra delle parti.
Ci sono poi quelli che pensano che studiare non serve perché ne sanno già abbastanza, o perché hanno studiato nelle università borghesi, o per una loro “grande esperienza di vita”, o per intuito, eccetera.
Ci sono poi quelli che pensano che studiare non serve e basta affidarsi a quello che dicono quelli che ne sanno più di noi, siano essi preti, intellettuali o capi di partito.
Tutti questi soggetti, che sono tra loro relativamente diversi, sono tutti figli oltre che delle arretratezze del movimento comunista anche del fatto che in Italia più che altrove il clero ha cercato di dipingere l’ignoranza come una virtù, magari una cosa divertente e simpatica, come lo è un bimbo che ancora non ha imparato a parlare. Pensate a uno che resta al livello mentale di un bimbo a trenta anni, a quaranta anni e fino alla morte, e vedrete che non è una cosa per niente divertente e simpatica, come sanno bene quelli che hanno in famiglia parenti incapaci di autonomia, magari incapaci di pulirsi, di lavarsi, di mangiare da sé.


Ieri come oggi, nelle carceri come nel fuoco della lotta

Studiare, conoscere, progettare per trasformare il mondo

Da Resistenza, n. 1, gennaio 2012

 

“I comunisti si distinguono dagli altri rivoluzionari perché hanno una comprensione più avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spingono sempre in avanti”
(K. Marx e F. Engels)

“La grande lotta dei comunisti non ha solo due forme (la lotta economica e la lotta politica), … ma tre, perché accanto a quelle due va posta anche la lotta teorica”
(F. Engels)

 “Senza teoria rivoluzionaria non c’è movimento rivoluzionario”
(V.I. Lenin)

“Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”
 (A. Gramsci)

“Da dove vengono le idee giuste? Cadono dal cielo? No. Sono innate? No. Esse provengono dalla pratica sociale, e solo da questa. Provengono da tre tipi di pratica sociale: la lotta per la produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica. Una volta che le masse se ne sono impadronite, le idee giuste, caratteristiche della classe avanzata, si trasformano in una forza materiale capace di trasformare la società e il mondo”
(Mao Tse-tung).

La concezione del mondo, la conoscenza del mondo per come è realmente è una questione di lotta di classe. Imparare la scienza del movimento comunista, assimilarla facendo piazza pulita del senso comune in cui essa è mischiata con le concezioni proprie della borghesia e del clero è il primo passo per cambiare il mondo, per promuovere con coscienza (quindi con successo) la trasformazione del mondo attuale, per progettare come trasformarlo, per sognare il nostro futuro, costruirlo. La formazione comunista è questo, serve a questo.  

Due esempi
Nelle carceri fasciste. “Appena giunti a Civitavecchia (…), dopo festose accoglienze, i compagni chiesero subito di organizzarsi per lo studio. Erano impazienti di iniziare uno studio regolare. Generalmente i compagni erano giovanissimi d’età e di partito. Qualcuno era stato arrestato dopo alcuni mesi d’iscrizione e non aveva mail letto un nostro giornale, tutti erano poi digiuni dei principi più elementari della nostra dottrina. Cominciammo con l’organizzare il collettivo. Mettemmo assieme i libretti e facemmo il bilancio preventivo. (…) Decidemmo di fare inchiesta su tutti i processi e su ogni compagno prima di decidere dell’inclusione nel collettivo di partito. (…) La direzione del collettivo di partito fu assunta, in base alle disposizioni della direzione, dal compagno più responsabile che ero io. (…) Insieme prendemmo una serie di decisioni che riguardavano la disciplina del camerone. Stabilimmo le ore di studio individuale nelle quali era obbligatorio il silenzio assoluto. Ogni giorno ci sarebbero state due ore di studio collettivo. Poiché mancavano i libri, e ci sarebbe voluto un certo tempo per procurarceli, in un primo periodo aumentammo il tempo dedicato alle lezioni e alle conferenze. (…) Ogni giorno ero obbligato a fare lezioni e conferenze e ciò senza materiale, senza la possibilità di prendere appunti, utilizzando la memoria, l’esperienza e le conoscenze acquisite in passato. (…) Con l’ausilio di Marcucci e di Roncagli, e grazie ai libri che eravamo riusciti a ottenere, lo studio prese un ritmo più accelerato. I progressi si fecero più sensibili. Ognuno di noi si sentiva ogni giorno più forte, più capace, in grado di rendere di più quale militante dell’avanguardia comunista. Meraviglioso l’ardore dei giovani. Essi volevano imparare a ogni costo. Avevano paura di perdere tempo, di non avere il tempo necessario per farsi una preparazione. Sembrerà incredibile, eppure (…) molti di noi erano più preoccupati di non avere il tempo necessario per studiare che assillati dal desiderio di uscire da quel luogo di costrizione e di pena. Credo che solo la fede proletaria e comunista può fare tali miracoli” (Arturo Colombi, Nelle mani del nemico, Ed. Rapporti Sociali).

In Cina, nel pieno della Guerra di resistenza contro il Giappone che aveva invaso in armi il paese (luglio 1937) lo studio del materialismo dialettico ebbe un notevole sviluppo nel PCC e nel movimento rivoluzionario cinese. “Perché per cambiare la Cina e il mondo dobbiamo studiare la dialettica? Perché la dialettica è il sistema delle leggi più generali  che la natura e la società seguono nel loro sviluppo. Se comprendiamo la dialettica, acquistiamo un’arma scientifica e nella pratica rivoluzionaria per cambiare la natura e la società avremo una teoria e un metodo adeguati alla nostra pratica. Anche la nostra pratica rivoluzionaria è una scienza, una scienza sociale o politica. Se non comprendiamo la dialettica, condurremo malamente i nostri affari; gli errori commessi nel corso della rivoluzione sono errori di dialettica. Se comprenderemo la dialettica, ne ricaveremo grandi benefici: se indagheremo accuratamente sui movimenti condotti felicemente in porto, constateremo che essi hanno seguito le leggi della dialettica. Quindi tutti i compagni rivoluzionari, e in particolare i dirigenti, devono studiare la dialettica Qualcuno dice che vi sono molte persone che comprendono la dialettica praticamente e che sono anche materialiste nella pratica; anche se non hanno mail letto libri sulla dialettica, le cose che fanno sono ben fatte e di fatto queste persone seguono la dialettica materialista. Quindi non hanno bisogno di studiare la dialettica. Queste affermazioni sono sbagliate. La dialettica materialista è una scienza completa e profonda. Anche se è vero che i rivoluzionari che hanno una mentalità materialista e dialettica imparano molta dialettica dalla pratica, quello che essi imparano non è sistematico e manca della completezza e della profondità che la dialettica materialista ha già raggiunto. Quindi non riescono a vedere l’esito a lungo termine di un movimento, non riescono ad analizzare un processo complesso di sviluppo, non riescono a cogliere importanti nessi politici e non riescono a maneggiare i vari aspetti del lavoro rivoluzionario. Quindi in realtà anch’essi hanno bisogno di studiare la dialettica” (Mao Tse-tung, Materialismo dialettico, in Opere-vol. 5, Ed. Rapporti Sociali). E’ per le lezioni tenute all’Università politica e militare antigiapponese di Yenan, che Mao redasse gli scritti filosofici Materialismo dialettico, Sulla pratica e Sulla contraddizione.





[1] Mao Tse tung, Opere, Ed. Rapporti Sociali, Milano, vol. 9, pp. 179-180, in http://www.nuovopci.it/arcspip/articleb2a0.html e in http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/com%20yu%20kung%20rim%20mont.htm

1 commento:

  1. Scoprire la verità attraverso la pratica, e mediante la pratica confermare e sviluppare la verità. Mao, sulla pratica.
    L'assemblea del 12 gennaio, ci ha insegnato che alcune forze cosiddette comuniste (RdC e LCC), per mantenere l loro prestigio tra le messe, con le loro tesi tentano di mantenere le masse ignoranti. Essi dichiarano o meglio hanno affermato che non c'e niente di nuovo, quindi partiamo da zero. Non fanno bilancio, del passato e se lo fanno dicono che è stato un "macello" molti di questi condottieri a parole dicono d essere comunisti, ma nei fatti si sono rassegnati ad un mediocre destino, speranzosi d avere un posto alla corte degli impermalisti.Sconfitti sono loro, i proletari a Napoli negli ultimi 30 anni hanno dimostrato il contrario, hanno combattuto contro la borghesia, e la loro rassegnazione portata nei movimenti di lotta. Noi del Movimento dei disoccupati abbiamo seguito, i compagni/e che non hanno abiurato, che anche tra le galere, ci hanno aperto la porta e abbiamo seguito la luce. La forza di una linea politica sta nel rinnovarsi in uomini nuovi, questo è stato ed è il patrimonio che ha raccolto la carovana del nuovo PCI,dove il proletariato sotto la sua direzione non si sente rassegnato e vuole aprire un nuovo e vittorioso cammino. Quello che ho imparato dall'assemblea, è la conferma che gli autori ( RdC che il vecchio muore e il nuovo non può nascere) e affini, tentano di mantenere il loro prestigio tra le masse alimentando il loro vecchio, ostacolando la crescita del nuovo. RdC non hanno una concezione del mondo e una mentalità materialista - dialettica, per loro tutto è immobile, non riescono a vedere il movimento, le cause del movimento. L.Sito

    RispondiElimina