"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

lunedì 6 febbraio 2017

RIPRENDIAMO L’OPERA DI GRAMSCI: SVILUPPIAMO E INSEGNIAMO LA SCIENZA DELLE ATTIVITA' CON CUI GLI UOMINI E LE DONNE FANNO LA LORO STORIA


Riprendiamo l’opera di Gramsci: sviluppiamo e diffondiamo la scienza delle attività con cui gli uomini e le donne fanno la loro storia.

Dobbiamo moltiplicare e stiamo moltiplicando le attività di formazione, studiando e insegnando la scienza delle attività con cui uomini e donne fanno la loro storia, e quindi, prima di tutto, le scienze economiche, politiche e filosofiche. Iniziamo a pensare ai luoghi fisici in cui svolgere l’opera, a partire dalla miriade di “beni e dei terreni abbandonati” che devono tornare di proprietà pubblica, secondo il documento “Attuazione della Costituzione economica: Elenco delle priorità” redatto da Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale.
Cominciamo a raccogliere i fondi per questa grande opera: i recapiti per la raccolta fondi sono

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La sperimentazione nel campo è stata iniziata dal Partito dei CARC alcuni anni fa, partendo con corsi di formazione sul Manifesto Programma del (nuovo)PCI, sintesi delle scienze di cui parliamo sopra, coinvolgendo centinaia di studenti in più città d’Italia. Chiunque vi ha preso parte, chi oggi sta facendo il corso a Roma, quelli che lo faranno tra poco a Pisa, leggano quello che Gramsci scrisse nel 1919, e riconoscerà come quella da lui intrapresa è l’opera che abbiamo sviluppato e che portiamo avanti, sempre più convinti che la rivoluzione socialista per cui lui e tutti gli altri comunisti e comuniste d’Italia hanno lottato, è quella che stiamo vedendo crescere tra le nostre mani.

Antonio Gramsci
La scuola di cultura
Non firmato, L'Ordine Nuovo, 20 dicembre 1919
Il primo corso* della scuola di cultura e propaganda socialista ha avuto principio la settimana scorsa, con la prima lezione di teoria e la prima esercitazione pratica, e in modo che non ha mancato di riempirci di soddisfazione. Dal principio ci riteniamo autorizzati a nutrire le migliori speranze per l'esito. Perché negare che alcuni di noi dubitavano? Dubitavamo che, trovandoti appena una o due volte la settimana, stanchi ognuno del proprio lavoro, ci fosse impossibile trovare in tutti quella freschezza senza la quale le menti non possono comunicare, gli animi non possono aderire, e la scuola non può compiersi, come serie di atti educativi vissuti e sentiti in comune. Forse ci rendeva scettici l'esperienza delle scuole borghesi, la tediosa esperienza di allievi, l'esperienza dura di insegnanti: l'ambiente freddo, opaco ad ogni luce, resistente ad ogni sforzo di unificazione ideale, quei giovani uniti in quelle aule non dal desiderio di migliorarsi e di capire, ma dallo scopo, forse non detto eppure chiaro e unico in tutti, di farsi avanti, di conquistarsi un “titolo”, di collocare la propria vanità e la propria pigrizia, di ingannar oggi se stessi e gli altri domani.
E abbiamo visto intorno a noi, affollati, stretti l'uno all'altro nei banchi scomodi e nello spazio angusto questi allievi insoliti, per la  maggior parte non più giovani, fuori quindi dell'età in cui l'apprendere è cosa semplice e naturale, tutti poi affaticati da una giornata di officina o di ufficio, seguire con l'attenzione più intensa il corso della lezione, sforzarsi di segnarlo sulla carta, far sentire in modo concreto che tra chi parla e chi ascolta si è stabilita una corrente vivace di intelligenza e di simpatia. Ciò non sarebbe possibile se in questi operai il desiderio di apprendere non sorgesse da una concezione del mondo che la vita stessa ha loro insegnato e ch'essi sentono il bisogno di chiarire, per possederla completamente, per poterla pienamente attuare. E’ una unità che preesiste e che l'insegnamento vuole rinsaldare, è una vivente unità che nelle scuole borghesi invano si cerca di creare.
La nostra scuola è viva perché voi, operai, portate in essa la miglior parte di voi, quella che la fatica della officina non può fiaccare: la volontà di rendervi migliori. Tutta la superiorità della vostra classe in questo torbido e tempestoso momento, noi la vediamo espressa in questo desiderio che anima una parte sempre più grande di voi, desiderio di acquistar conoscenza, di diventare capaci, padroni del vostro pensiero e dell'azione vostra, artefici diretti della storia della vostra classe.
La nostra scuola continuerà, e porterà i frutti che le sarà possibile: essa è aperta a tutti gli eventi, un caso qualunque potrà allontanare e disperdere domani tutti noi che oggi ci raduniamo attorno ad essa e le comunichiamo e prendiamo da essa un poco del calore, della fede che ci è necessaria per vivere e per lottare; i conti li faremo poi, ma per ora segniamo questo, all'attivo, segniamo questa impressione di fiducia che ci viene dalle prime lezioni, dal primo contatto. Con lo spirito di queste prime lezioni vogliamo andare avanti.

* Cfc. sul tema Cultura e propaganda socialista, L’Ordine Nuovo, 16.08.1919




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