
All'iniziativa abbiamo parlato anche dei consigli di fabbrica del 1920, a Torino, cui partecipò Antonio Gramsci.
Cosa pensa Gramsci
della catena di montaggio e in generale della “meccanizzazione del lavoro”?
Secondo lui adattarsi a questa meccanizzazione "non ammazza spiritualmente
l‘uomo. Quando il processo di adattamento è avvenuto, si verifica, in
realtà, che il cervello dell‘operaio, invece di mummificarsi, ha raggiunto
uno stato di completa libertà. Si è completamente meccanizzato solo il gesto
fisico; la memoria del mestiere, ridotto a gesti semplici ripetuti con ritmo
intenso, si è 'annidata' nei fasci muscolari e nervosi che ha
lasciato il cervello libero e sgombro per altre occupazioni.
Come si cammina senza bisogno di riflettere a tutti i
movimenti necessari per muovere sincronicamente tutte le parti del corpo, in
quel determinato modo che è necessario per camminare, così è avvenuto e
continuerà ad avvenire nell‘industria per i gesti fondamentali del
mestiere; si cammina automaticamente e nello stesso tempo si pensa a tutto ciò
che si vuole. Gli industriali americani hanno capito benissimo questa
dialettica insita nei nuovi metodi industriali. Essi hanno capito che
"gorilla ammaestrato" è una frase, che l‘operaio rimane
"purtroppo" uomo e persino che egli, durante il lavoro, pensa di più
o per lo meno ha molto maggiori possibilità di pensare, almeno quando ha
superato la crisi di adattamento e non è stato eliminato: e non solo pensa, ma
il fatto che non ha soddisfazioni immediate dal lavoro, e che comprende che lo
si vuol ridurre a un gorilla ammaestrato, lo può portare a un corso di pensieri
poco conformisti.” (Quaderno 22, Nota 12)
I “pensieri poco conformisti” che venivano in mente agli
operai degli anni Settanta li portavano a bloccare la catena.
I “pensieri poco conformisti” di oggi sono che non sono i
padroni a essere forti, ma sono gli operai e tutte le masse popolari che devono
fare valere la propria forza.
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