La scienza è cosa che alla Chiesa non interessa. La Chiesa
non ha una concezione del mondo organica e coerente. Tanto poco la ha che non
si preoccupa minimamente di mettere insieme il dire e il fare, tanto da
arrivare a promettere, come fanno i suoi politicanti, cose che è scontato che
non si possono fare. La teoria per i preti serve solo a mantenere la loro
posizione sociale di privilegio. È perfettamente inutile andare da un prete a
dimostrargli in base alla logica l’esattezza della scienza, così come è
perfettamente inutile andare a protestare davanti alle sedi della Repubblica
Pontificia per denunciare le sue malefatte e pretendere che vi ponga rimedio.
La Repubblica Pontificia nel migliore dei casi ti lascia parlare e denunciare,
poi riprende il suo corso normale e, secondo lei, imperturbabile.
Gramsci (Q20 §1) sulla materia scrive: “Sul "pensiero
sociale" dei cattolici mi pare si possa fare questa osservazione critica
preliminare: che non si tratta di un programma politico obbligatorio per tutti
i cattolici, al cui raggiungimento sono rivolte le forze organizzate che i
cattolici posseggono, ma si tratta puramente e semplicemente di un
"complesso di argomentazioni polemiche" positive e negative senza
concretezza politica.” [1]
Questo si attaglia
all’enciclica Laudato sì, di Bergoglio, dove si fa polemica sullo stato
presente delle cose, con specifico riferimento alla crisi ambientale, ma non si
dice concretamente come superarlo, come risolvere i problemi, come segnala
Marco Marzano sul Fatto Quotidiano del
5 agosto. Marzano dice di Bergoglio:
“ci dice continuamente
che siamo andati troppo in là, che abbiamo distrutto una parte eccessiva della
terra donataci dal Creatore, che abbiamo peccato di hybris, che ci siamo
creduti simili a Dio e abolito ogni limite al nostro fare, al costruire il
nuovo e a distruggere il vecchio, che così rischiamo di compromettere la no-
stra stessa sopravvivenza sul pianeta o di rendere la nostra esistenza
meschina, asservita al denaro, all’ideale di una crescita infinita tanto
illusorio quanto deleterio, dal momento che rischia di annientare la nostra
umanità e ogni sentimento di giustizia e di pace.
Nell’enciclica il papa
non spiega, nemmeno velatamente, come dovremmo passare dalla situazione attuale
a quella che egli auspica. Esplicito sui fini, egli è evasivo e silente sui
mezzi. È una scelta comprensibile la sua; siamo infatti talmente lontani, da
ogni punto di vista, compreso quello psicologico, dal mondo che lui sogna e che
assomiglia, per molti versi, al buon mondo antico, alla perduta società
premoderna, che vi sarebbe un solo modo per realizzare il passaggio: una
catastrofe economica o ambientale, un cataclisma di qualche natura che ci
costringa a ripensare radicalmente le condizioni della nostra convivenza.”[2]
Infatti, continua
Gramsci in Q 20 § 1, “la Chiesa non vuole compromettersi nella vita pratica
economica e non si impegna a fondo, né per attuare i principi sociali che
afferma e che non sono attuati, né per difendere, mantenere o restaurare quelle
situazioni in cui una parte di quei principi era già attuata e che sono state
distrutte. Per comprendere bene la posizione della Chiesa nella società
moderna, occorre comprendere che essa è disposta a lottare solo per difendere
le sue particolari libertà corporative (di Chiesa come Chiesa, organizzazione
ecclesiastica), cioè i privilegi che proclama legati alla propria essenza
divina: per questa difesa la Chiesa non esclude nessun mezzo, né l‘insurrezione
armata, né l‘attentato individuale, né l‘appello all‘invasione straniera.
Tutto il resto è trascurabile relativamente, a meno che non
sia legato alle condizioni esistenziali proprie. Per "dispotismo" la
Chiesa intende l‘intervento dell‘autorità statale laica nel limitare o
sopprimere i suoi privilegi, non molto di più: essa riconosce qualsiasi potestà
di fatto, e purché non tocchi i suoi privilegi, la legittima; se poi accresce i
privilegi, la esalta e la proclama provvidenziale. [3]
Quanto al “dispotismo” nel sito Infovaticana leggiamo: “la
Chiesa italiana ha dichiarato che la recente sentenza della Cassazione, che
stabilisce che le scuole paritarie della Chiesa cattolica devono pagare la
tassa sui beni immobili, è “una sentenza pericolosa”. Nunzio Galantino,
segretario della conferenza Episcopale italiana, ha dichiarato che la decisione
della Cassazione, resa nota il 24 luglio, è chiaramente ideologica ed ha
chiesto che “chi prende le decisioni lo faccia con meno ideologia”.”[4]
Quanto poi all’accrescimento dei propri privilegi leggiamo
di una benedizione di Galantino a Matteo Renzi. Il Manifesto scrive: "Renzi vince in parlamento, ma si ritrova da
solo nelle piazze. E nelle sezioni del suo partito. Ieri però ha incassato il
favore della Conferenza Episcopale Italiana. Il segretario generale monsignor
Nunzio Galantino si è scoperto più renziano dei renziani quando ha detto che la
riforma della scuola «è un passo in avanti in un Paese troppo abituato alla
stagnazione». Le critiche al governo, e la spaccatura nel Pd, non turbano il
monsignore: «Appena si intravede qualcosa di nuovo scatta subito il virus della
conflittualità». Segue il sollievo per la bocciaura della presunta norma sul
«gender» e l’invito a «investire di più sulla formazione». Probabilmente
alludeva alle scuole paritarie cattoliche che hanno ricevuto in regalo dal
governo le facilitazioni fiscali contenute nello School Bonus."[5]
[2] Marco
Marzano, Il Fatto Quotidiano, 5
agosto 2015, p. 13.
[4] http://it.infovaticana.com/ 2015/07/29/la-chiesa-italiana- si-oppone-allo-stato-per-non- pagare-lici/
[5] Il Manifesto, 10 luglio 2015.
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