"Argomenti di cultura. Materiale ideologico. Uno studio di come è organizzata di fatto la struttura ideologica di una classe dominante: cioè l’organizzazione materiale intesa a mantenere, a difendere e a sviluppare il «fronte» teorico o ideologico. La parte più ragguardevole e più dinamica di esso è la stampa in generale: case editrici (che hanno implicito ed esplicito un programma e si appoggiano a una determinata corrente), giornali politici, riviste di ogni genere, scientifiche, letterarie, filologiche, di divulgazione ecc., periodici vari fino ai bollettini parrocchiali. Sarebbe mastodontico un tale studio se fatto su scala nazionale: perciò si potrebbe fare per una città o per una serie di città una serie di studi. Un capocronista di quotidiano dovrebbe avere questo studio come traccia generale per il suo lavoro, anzi dovrebbe rifarselo per conto proprio: quanti bellissimi capicronaca si potrebbero scrivere sull’argomento!
La stampa è la parte
più dinamica di questa struttura ideologica, ma non la sola: tutto ciò che
influisce o può influire sull’opinione pubblica direttamente o indirettamente
le appartiene: le biblioteche, le scuole, i circoli e clubs di vario genere,
fino all’architettura, alla disposizione delle vie e ai nomi di queste.
Non si spiegherebbe la
posizione conservata dalla Chiesa nella società moderna, se non si conoscessero
gli sforzi diuturni e pazienti che essa fa per sviluppare continuamente la sua
particolare sezione di questa struttura materiale dell’ideologia. Un tale
studio, fatto seriamente, avrebbe una certa importanza: oltre a dare un modello
storico vivente di una tale struttura, abituerebbe a un calcolo più cauto ed
esatto delle forze agenti nella società. Cosa si può contrapporre, da parte di
una classe innovatrice, a questo complesso formidabile di trincee e
fortificazioni della classe dominante? Lo spirito di scissione, cioè il
progressivo acquisto della coscienza della propria personalità storica, spirito
di scissione che deve tendere ad allargarsi dalla classe protagonista alle
classi alleate potenziali: tutto ciò domanda un complesso lavoro ideologico, la
prima condizione del quale è l’esatta conoscenza del campo da svuotare del suo
elemento di massa umana.” (Gramsci, Quaderno 3, Nota 43)
il riferimento diretto è al Vaticano e Gramsci, in un certo senso, anticipa la teoria della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata che poi è stata sintetizzata dal maoismo.
Quello teorico
e ideologico è un vero e proprio fronte e la classe dominante ha un “complesso formidabile di
trincee e fortificazioni”. Gramsci ne descrive le articolazioni, che si sono
fatte molto più complesse dati i mezzi di informazione operativi oggi, la
televisione, internet, i "social", etc.
Chi nel movimento
comunista si occupa di formazione ideologica ha da rendersi conto che il lavoro
con il quale fa apprendere, assimilare e applicare la concezione comunista del
mondo è guerra popolare. Se non se ne rende conto il suo lavoro è pedante,
dogmatico, retorico, sterile.
Questo è
particolarmente vero nel centro del potere del Vaticano e cioè a Roma, per fare un primo esempio particolarmente evidente. Fare
battaglia sul fronte teorico a Roma, elaborare scientificamente l’esperienza
scientifica della lotta di classe, insegnare la teoria rivoluzionaria, richiede
che i comunisti e il loro partito abbiano il massimo della padronanza della concezione comunista del
mondo, il materialismo dialettico, insieme alla consapevolezza che possono vincere perché
il nemico è certamente “formidabile”, ma sta in piedi con la rigidità di un paralitico, dice ancora Gramsci, nel Quaderno 20, paragrafo 4.
Questa concezione
comunista del mondo è in questa Nota chiamata “coscienza della propria personalità
storica”, che avviene per scissione, che è non solo scissione rispetto alle
concezioni dominanti, quella clericale e quella borghese, ma, per i comunisti, è anche lotta tra
due linee nel proprio stesso campo, nel partito e tra i dirigenti del partito in primis. Precisamente è lotta tra chi
comprende che quello ideologico è un fronte della guerra popolare e chi invece
lo sottovaluta, lo considera studio al modo in cui si studia nelle università
borghesi, lo pone come secondario rispetto all’essere nelle lotte nelle piazze
e nelle fabbriche, lo fa se e quando avanza tempo, alla fine e non all’inizio
di una attività.
Questa concezione comunista del mondo deve poi
estendersi dalla classe protagonista (leggi “classe operaia”) alle “classi
alleate potenziali” (leggi “altre classi proletarie e classi non proletarie
delle masse popolari”). La classe operaia che ha alla testa il partito comunista deve
fare in modo che le altre classi si scindano da quella dominante: questo è, teoricamente e operativamente al tempo stesso, creare le condizioni per il Governo di Blocco Popolare ed è un processo
pratico, un processo di guerra popolare, appunto. È anche un processo di lotta
ideologica, perché le Organizzazioni Operaie e Popolari avanzano quanto più
conquistano autonomia ideologica dalla borghesia, comprendono la loro forza, comprendono che non sono i
padroni a essere forti.
Questa è cosa da dimostrare nella pratica, ma anche da
insegnare. Qui torna la questione degli insegnanti, del fatto che un partito
deve darsi un corpo di insegnanti che conducono l’insegnamento come si conduce
una guerra, in modo rigoroso, attento, convinto e che questo nucleo deve
essere attivo come scuola, deve organizzarsi come scuola.
Infine ci vuole la
“esatta conoscenza del campo da svuotare del suo elemento di massa umana”. Cosa
significhi una cosa del genere è difficile da capire. È possibile che Gramsci intenda
“conoscenza del campo” oggettiva, indipendente da opinioni e sentimenti di chi
lo abita, ovvero che intenda analisi concreta della situazione concreta, diremmo noi oggi. Questo
a Roma, restando nell'esempio fatto sopra, significherebbe vedere la realtà in trasparenza, al di là di quanto i
vertici della Repubblica Pontificia sanno fare per darne una visione che è
l’opposto di quella vera, con tutta la finezza e abilità che viene dall’essere
potenza economica e dall’esercizio secolare del potere, con tutta la duplice,
triplice e quadruplice morale sedimentata nei secoli. A Napoli, facendo altre esempio, significherebbe
vedere la realtà in trasparenza, al di là del caos in cui pare che ogni senso si
perda, cosa per cui “si lascia correre”, ci si parla addosso, si sospetta che
un senso non ci sia, come dice Vasco Rossi in un suo noto pezzo, non ci si dà da fare per
individuare il senso che c’è, per spiegarlo a chi lo vuol capire, per imporlo a
chi si ostina in direzione contraria.
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