"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

lunedì 13 febbraio 2017

GIUSEPPE STALIN SECONDO SANDRO PERTINI


Quello che segue è il discorso che Sandro Pertini, che fu presidente della Repubblica in Italia negli anni ’80 dello scorso secolo, fece il giorno dopo la morte di Stalin, di cui ricorre il sessantacinquesimo anniversario tra poche settimane. Dopo la sua morte iniziò la lunga opera di denigrazione di questo grande dirigente del movimento comunista, a cui presero parte, in Italia, elementi come Togliatti, i quali avevano trovato nell’URSS riparo e sostegno lungo tutto il periodo in cui l’Italia fu oppressa dal fascismo. Togliatti fu capofila dei revisionisti moderni, quegli elementi che presero la guida dei partiti comunisti e, in Italia, del PCI, e che si chiamarono revisionisti perché negarono un principio di fondo del pensiero comunista, che il capitalismo genera la guerra e che per abbatterlo è necessaria la rivoluzione. Un aspetto della loro opera vergognosa, che sarà ricordata come tale nella storia, fu la denigrazione di Stalin, che fu protagonista della Rivoluzione d’Ottobre, che continuò l’opera di Lenin e la costruzione del socialismo in URSS, e che guidò l’Armata Rossa nella vittoria di Stalingrado e nella conquista di Berlino. In questo anno, in cui celebriamo il centenario della Rivoluzione d’Ottobre, iniziamo a ripulire dal fango la figura di Stalin, riprendiamo i suoi insegnamenti, portiamo avanti il lavoro per fare dell’Italia un nuovo paese socialista, compito che fu intrapreso dal primo PCI e dal suo dirigente Antonio Gramsci, che ancora deve essere assolto e che oggi possiamo assolvere, grazie alla comprensione dei limiti che quel PCI ebbe, che non furono compresi dalla sinistra del partito e che consentirono alla destra capeggiata da Togliatti di deviarne il corso e condurlo, dopo un lungo lavoro di disgregazione interna, alla morte.
Il discorso di Pertini, anche se con una certa dose di retorica (che mancò sempre nei discorsi e negli scritti di Stalin come anche di tutti gli altri grandi dirigenti del movimento comunista), è utile per cominciare a comprendere la reale grandezza di questo dirigente, che fu la grandezza del movimento comunista di cui egli fu espressione, in particolare per tutta una parte di elementi delle masse popolari che giudicano Pertini uno dei personaggi politici più alti che l’Italia ha avuto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a oggi. In questo discorso di un politico che comunista non fu mai, si può cogliere un riflesso della luminosità e dell’ampiezza di visuale che il movimento comunista ha dato e dà, delle vittorie che sa cogliere oltre ogni aspettativa, della scienza e dei sentimenti che diventeranno patrimonio e qualità del vivere di strati sempre più vasti delle masse popolari italiane.

Partito dei CARC, Commissione Gramsci,
13 febbraio 2017
  

Un gigante della storia

“Onorevoli colleghi, il dolore e l’angoscia che sono in noi impediscono ogni frase retorica e ogni accento polemico. Dinanzi a questa morte non si può rimanere che stupiti e costernati. Stupiti, per la grandezza che questa figura assume nella morte. La morte la pone nella sua giusta luce; sicché uomini di ogni credo politico, amici e avversari, debbono oggi riconoscere l’immensa statura di Giuseppe Stalin. Egli è un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto. Siamo costernati dinanzi a questa morte per il vuoto che Giuseppe Stalin lascia nel suo popolo e nell’umanità intera. Signori, se abbandonate per un istante le vostre ostilità politiche, come le abbandono io questo momento, dovete riconoscere con me che la vita di quest’uomo coincide per trent’anni con il corso dell’umanità stessa. Quattro tappe soprattutto, dell’esistenza di Stalin, rappresentano quattro pietre miliari della storia universale. 
Ottobre 1917: questa data costituisce una svolta decisiva per la storia del mondo, come la costituì 14 luglio 1789. Il 14 luglio 1789 si affermò il trionfo del Terzo Stato che dette una  sua politica, economica e sociale, a tutto il secolo XIX. L’ottobre 1917, segna la federazione vittoriosa del Quarto Stato, il quale soprattutto da quel giorno diviene, da oggetto, soggetto di storia. Per opera di quella vittoria l’utopia di un tempo diventa realtà e quella che era una speranza a sospingere le masse diseredate oppresse verso la meta suprema diviene una certezza. 
Altra tappa della vita di Giuseppe Stalin è, a mio avviso, l’edificazione socialista nella sua terra. Allora erano molti i pessimisti, gli scettici che dicevano che non sarebbe stato possibile edificare il socialismo in un paese solo. Invece questo Uomo,  ereditando il pensiero e l’insegnamento di Lenin, riuscì a trasformare il suo popolo; riuscì a dargli anche un’economia industriale, che sembrava un tempo un sogno e una pazzia, sfruttando le immense ricchezze che il suolo della sua terra racchiudeva. Portò, così, il lavoratore sovietico, liberato da ogni catena ha un alto livello di vita e di dignità umana. E, badate, signori, è stato questo sforzo gigantesco a costruire e consolidare quella cittadella, contro cui più tardi si infrangerà la valanga nazista.
Ed  ecco la terza tappa che rappresenta un’altra pietra miliare per l’umanità e su cui deve essere scritta la parola ”Stalingrado”. Signori, voi tutti ricorderete le ore angosciose che abbiamo vissuto quando la valanga nazista si rovesciò sull’Unione Sovietica. Le armate naziste già scorgevano le torri del Cremlino e le vette del Caucaso. Ebbene, noi sentivamo che se, per dannata ipotesi, fosse crollata l’Unione Sovietica, – non dimenticatelo voi che mi ascoltate – sarebbero crollate tutte le speranze di un trionfo della libertà sulla dittatura nazifascista. In quel momento sentivamo che uomini di tutti i credi politici trattenevano il respiro consapevoli che la loro sorte era legata alla sorte di Stalingrado.  Stalingrado diventò la Valmy della rivoluzione d’ottobre al mondo attonito offre il miracolo di una strepitosa vittoria sotto la guida vista. Allora comprendemmo che da Stalingrado allora iniziava la vittoria delle armi democratiche contro le armi della barbarie! 
Vi è poi l’ultima tappa, signori; altra pietra miliare sul cammino dell’umanità (…)  noi tutti dobbiamo riconoscere che lo sforzo che ha fatto quest’uomo in questi ultimi anni è stato quello di gettare le fondamenta di una pace sicura e duratura. (…)

Sandro Pertini Senato della Repubblica, Roma, 6 marzo 1953

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