Segnaliamo
l’articolo sul numero di Resistenza di questo febbraio, che tratta di una
materia di cui la Commissione Gramsci si è occupata negli ultimi mesi. (vedi in
http://www.carc.it/2017/02/01/volevamo-discutere-del-nuovo-che-per-la-rete-dei-comunisti-non-puo-nascere-il-12-gennaio-a-napoli-la-discussione-pubblica-aperta-dispiegata-e-iniziata/)
Commissione Gramsci
Volevamo
discutere del “nuovo” che per la Rete dei Comunisti “non può nascere”, il 12
gennaio a Napoli la discussione, pubblica, aperta, dispiegata, è iniziata
Napoli.
L’assemblea che si è tenuta il 12 gennaio scorso all’ex-Asilo
Filangieri è stata veramente ricca di insegnamenti, per come ci siamo arrivati
e per come si è svolta (vedi al riguardo http://rinascitadigramsci.blogspot.it).
È stata una battaglia nella campagna che la Carovana del (n)PCI conduce contro
le concezioni disfattiste e le posizioni
attendiste e contro soggetti
specifici che le promuovono.
L’assemblea è stata indetta da Rete dei
Comunisti (RdC), promossa da Michele Franco, membro napoletano dell’organismo.
È intervenuto Sergio Cararo, direttore del giornale on line di RdC, Contropiano, e questo ha indicato il
rilievo nazionale dell’evento. E’ stato il primo momento pubblico di confronto
sulle critiche che da mesi gli organismi della Carovana avanzano a RdC: a
giugno con un intervento dell’Agenzia Stampa del P.CARC sulla relazione di
Michele Franco al convegno La ragione e
la forza indetto da RdC a Roma in quel mese, a cui ha fatto seguito una
lunga analisi del Centro di Formazione del Partito Critica alla concezione del mondo della Rete dei Comunisti. A metà
dicembre il (nuovo)PCI e la Commissione Gramsci hanno criticato il disfattismo
evidente già nel titolo di un Forum indetto da RdC a Roma, Il vecchio muore e il nuovo non può nascere. Il 23 dicembre il
Sindacato Lavoratori in Lotta di Napoli è intervenuto a sua volta sulla materia.
Per tutto questo intenso lavoro di analisi e di critica qualche interesse è
stato manifestato da Franco, ma nessuna risposta è arrivata da alcuno. Il
motivo per cui dirigenti di RdC hanno deciso di trattare la materia in pubblico
risale a un episodio successo a Natale: un’aggressione nei confronti di Franco,
a Napoli, da parte di soggetti che lo accusavano di essersi dissociato dalla
lotta di classe in corso negli anni Ottanta. Il (nuovo)PCI segnala la cosa nel
suo primo comunicato del 2017: “Michele Franco ha annunciato al P.CARC un
dibattito pubblico sullo slogan del Forum RdC di dicembre: se davvero manterrà
fede all’annuncio sarà un’eccezione a cui lo ha trascinato il gesto
d’indignazione che ha subito a Natale” (comunicato
del 5 gennaio 2017).
In ogni caso, quali che siano le
ragioni per cui Franco ha promosso l’assemblea e quali le ragioni per cui
Cararo ha deciso di parteciparvi, va reso loro merito per averlo fatto. E’ vero
che entrambi hanno detto e ripetuto che il dibattito con la Carovana non li
interessa e che questo dibattito non interessa i lavoratori, come fossero
“beghe di cortile fra organizzazioni inconsistenti”. Questo è del tutto falso,
loro stessi hanno potuto constatare che all’assemblea del 12 gennaio hanno
partecipato più di cento persone e la grande maggioranza di esse è rimasta fino
alla fine, che gli interventi sono stati seguiti con grande partecipazione, che
ci si è schierati sulle posizioni differenti. C’era chi diceva che nei vari
comunicati non bisogna “fare nomi”, ma restare sulle generali e chi diceva che
questo è costume da Repubblica Pontificia del “dire il peccato e non il
peccatore”. C’era chi diceva che “rivangare vecchie storie è inutile e
dannoso”, riferendosi non solo a vicende del movimento disoccupati degli anni ’90,
ma anche all’esperienza delle Organizzazioni Comuniste Combattenti, in
particolare delle Brigate Rosse, e c’era chi diceva che il proletariato non
dimentica e non si pente e citava testi di militanti delle BR di quei tempi.
C’era chi voleva ridurre la discussione all’aggressione a Franco del 25
dicembre e chi invece era interessato ad andare indietro di mezzo secolo quasi.
Alla fine, però, tutti convenivano che le storie di cui stavamo parlando
dovevano essere trattate, dovevano essere dette soprattutto ai giovani che non
le avevano vissute. C’era chi diceva che quello di cui dovevamo trattare era
“questione napoletana” e chi diceva che, invece, l’evento era di carattere
nazionale. Il carattere nazionale era confermato dalla presenza di un dirigente
nazionale di RdC e di uno del P.CARC ma, a parte questo, il fatto è che la
lotta era ed è tra idee giuste e idee sbagliate e la necessità di questa lotta
si vede bene a Napoli perché qui il movimento delle masse popolari è più ampio
e avanzato che nel resto d’Italia.
Una lotta ideologica comporta magari
sofferenze ed eccessi di passione e anche il modo attraverso cui ci siamo
arrivati di certo ha influito e influisce, ma il valore dell’assemblea va
confrontato alle solite assemblee soporifere dove questo o quel professore o
esperto tira fuori il suo pezzo, parla in modo che lo capiscono solo gli
addetti ai lavori, manda agli altri garbate critiche e alla fine si va insieme
a cena; dove ciascuno si fa i suoi affari, si cura i suoi contatti nei
corridoi, sta fisso al suo cellulare. In questa assemblea tutti erano fissi su
chi interveniva, inclusi quelli che si assiepavano in fondo al corridoio.
Cararo e Franco dicono che con quella assemblea il dibattito, per parte loro, è
finito. Perché spegnere la vitalità che eventi di questo genere esprimono? Il nuovo di cui RdC parla, quello che
secondo i suoi dirigenti non può nascere, è questo. La rivoluzione non è un
pranzo di gala e nemmeno un dibattito accademico.
Cararo, in particolare, ha detto che
“scelgono loro con chi discutere e con chi no” e che per discutere, come in un
matrimonio, bisogna volerlo entrambi. Cararo non considera che le questioni che
trattiamo non sono di carattere intimo come un matrimonio, non sono di
carattere individuale come la scelta di sposarsi, ma riguardano tutto il
movimento rivoluzionario e hanno portata e importanza storica. Crede che RdC
nel movimento rivoluzionario non abbia voce in capitolo né influenza? Ce ne ha,
invece. È un’organizzazione i cui vertici godono della fiducia di strati delle
masse popolari, una fiducia sufficiente perché si facciano avanti, si assumano
le responsabilità che loro spetta di assumere. Oggi continuano a fare la voce
dell’opposizione, la sinistra della sinistra borghese, che a sua volta sta a
sinistra della destra borghese, e quindi sono anello di questa catena. Il
compito che è loro assegnato, e che la Carovana del (n)PCI segnala loro, è di
unirsi ai sinceri democratici, ai sindacalisti onesti, a quelli che non hanno
rinnegato la storia del movimento comunista, a tutti questi soggetti che hanno
il riconoscimento e la fiducia di ampi strati delle masse popolari e porsi come
uomini e donne di governo, componenti di un governo di emergenza che dia forma
di legge ai provvedimenti che le masse popolari assumono per far fronte agli
effetti più devastanti della crisi, che sostengano e promuovano le autogestioni
delle fabbriche, che assegnino gli immobili vuoti occupati a chi li occupa, che
realizzino le parti progressiste della Costituzione, che facciano tutto quello
che dicono si dovrebbe fare, contando sulla forza delle masse popolari, che è
inesauribile.
Franco, Cararo e anche altri hanno
pensato e voluto che questa assemblea fosse la parola fine di un discorso, ma
in realtà di quel discorso è stato solo un passo. Da un lato, è un discorso che
si impone oggettivamente, come la ripresa del corso delle acque con il disgelo,
dall’altro, se fosse possibile mettere a tacere tutto quello che sta emergendo,
non sarebbe un bene per nessuno. Non per le masse popolari, che da queste
discussioni traggono insegnamenti (che non traggono dalle lezioni
cattedratiche), non lo sarebbe per la Carovana, che per avanzare deve fare i
conti con le concezioni disfattiste e con le posizioni attendiste che dirigenti
di RdC proiettano direttamente e indirettamente sulle masse popolari, ma non
farebbe bene nemmeno a loro. Questo dibattito è necessario per la rivoluzione
che avanza e se la rivoluzione non avanza, avanza la reazione e se la reazione
avanza le prime vittime, come abbiamo visto nella storia, sono quei politici di
sinistra incerti, eternamente dubbiosi sul da farsi, attendisti di tempi
migliori, ecc.
Ci vogliono nuove assemblee di questo
tipo, a partire da Napoli, che è un centro di importanza nazionale per il
movimento delle masse popolari, in cui si possono coinvolgere forze come
P.CARC, SLL, RdC, Insurgencia, Iskra, ex OPG, 081, Mensa Occupata e tutte le
altre. Insisteremo per farne, creando le condizioni perché si facciano, non
perché spinti da fatti esterni, come “il fatto di Natale” in cui è stato
coinvolto Franco, ma perché lo vogliamo.
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