"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

sabato 25 ottobre 2014

DA LABRIOLA A GRAMSCI ALLO SCIOPERO GENERALE


RIFORMA MORALE ED INTELLETTUALE. DA LABRIOLA A GRAMSCI ALLO SCIOPERO GENERALE USB DEL 24 OTTOBRE 2014.

Antonio Labriola secondo Gramsci è l’unico rivoluzionario italiano “che abbia seriamente studiato il marxismo”. Ne parla Alberto Burgio nel suo libro Gramsci. Il sistema in movimento, (DeriveApprodi, Roma, 2014) sul fatto che IL CONOSCERE È FARE. Scrive:

“Che cos’è infatti prassi per Labriola? Precisamente la cooperazione tra essere umano (ragione, volontà, intenzione e previsione) e natura: collaborazione operosa ed efficiente in virtù della quale, come leggiamo in un testo fondamentale “noi produciamo ad arte ciò che la natura da per sé produce. […] le cose cessan dall’esser per noi dei meri obietti rigidi della visione perché si vanno, anzi, generando sotto la nostra guida; e il pensiero cessa dall’essere un presupposto, o un’anticipazione paradigmatica delle cose, anzi diventa concreto, perché cresce con le cose, a intelligenza delle quali viene progressivamente concrescendo” entro un processo generativo che coinvolge “noi stessi” trasformandoci, rendendoci prodotti della nostra stessa prassi storica” (1)
Cosa significa tutto questo per chi si appresta a costruire la rivoluzione socialista in Italia, e quindi a trasformare il mondo, cosa che richiede prima di tutto la sua trasformazione? Vediamolo.
Abbiamo scoperto, dice il nuovo PCI, che la strategia per  costruire la rivoluzione, è la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Dopo, viene la scoperta della riforma morale e intellettuale:
“Dopo la scoperta della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria, viene la scoperta della Riforma Morale e Intellettuale, seconda per importanza solo alla prima. Nell’applicazione della linea tracciata ci siamo resi conto che dobbiamo sviluppare la cura e la formazione di quanti aspirano a diventare comunisti e dei membri stessi del Partito fino a determinare la loro trasformazione. Nei paesi imperialisti per essere all’altezza del suo compito, per essere capace di dirigere la Guerra Popolare Rivoluzionaria, il Partito deve promuovere nelle sue file una riforma intellettuale e morale, che consta di studio (della concezione comunista del mondo, della storia del nostro paese, della sua composizione di classe e delle sue relazioni internazionali, del corso delle cose e della nostra linea) e di processi di critica-autocritica-trasformazione (per trasformare la concezione del mondo, la mentalità e in una certa misura anche la personalità dei singoli compagni).”(2)
Lo studio della concezione comunista del mondo ci fa partire qui da Firenze, dove abbiamo cominciato a prendere in esame in una iniziativa pubblica, il 19 ottobre alla Casa del Popolo di Settignano, un libro dove uno studioso come Alberto Burgio studia l’opera di Gramsci, e quindi ci inoltriamo nell’epoca in cui Gramsci e vissuto e andiamo ancora indietro imparando da uno dei suoi maestri, Antonio Labriola. Che scrive Antonio Labriola nel suo linguaggio ottocentesco?
“Le cose cessan d’essere per noi dei meri obietti rigidi della visione” vuole dire che il mondo che abbiamo davanti non è fatto di oggetti fermi e stabili, una casa, un fiume, una citta, un uomo o una donna, che ci stanno davanti e sono quello che sono, ma ogni forma che abbiamo davanti non è tanto ma una cosa, ma un processo, cioè qualcosa che diventa qualcos’altro, e precisamente diventa quello che noi la facciamo diventare, se sappiamo come vogliamo che diventi e come fare perché diventi proprio così.
Queste sono le cose che, dice Labriola, si vanno “generando sotto la nostra guida”, il che significa che noi dobbiamo dirigere il processo, e qui si torna al fatto che bisogna studiare, perché “chi non studia non può dirigere”(3)
“Il pensiero cessa di essere un presupposto,  o un’anticipazione paradigmatica delle coseè la critica di Labriola ai dogmatici. Un esempio? Il 24 ottobre alla manifestazione dell’USB a Firenze parlo con un tesserato della CUB il quale sostiene che le divisioni tra i vari settori di lavoratori in lotta sono dovute a contrasti tra “i vertici” dei sindacati di base, e che l’unica soluzione è che si uniscano i lavoratori direttamente. Gli chiedo perché finora i lavoratori non l’hanno fatto, perché sono rimasti fermi. Mi risponde che sono fermi perché c’è “immobilismo”, che è come dire che uno manda cattivo odore perché puzza. Gli dico che, per la mia esperienza di attività sindacale, ho scoperto che quando uno non riesce a unire i lavoratori la responsabilità è sua, non dei lavoratori, e a questo punto interviene nel dibattito una componente del movimento marxista leninista di lunga data sostenendo che la verità è “un po’ e un po’”, cioè un po’ è responsabilità del sindacalista (e del politico) e un po’ dei lavoratori, che non lo ascoltano. Per questa compagna il pensiero è una cosa che ai lavoratori si dice, e se non la seguono è un problema loro. Per lei, quindi, il pensiero è “un presupposto, o un anticipazione paradigmatica”, cioè un modello che proponiamo.
Per noi no, per noi il pensiero è qualcosa che “diventa concreto, perché cresce con le cose, a intelligenza delle quali viene progressivamente concrescendo”. Nell’agire per trasformare le “cose” noi stesso cambiamo, perché anche noi siamo un processo, e non una “cosa”. Questa è la riforma morale e intellettuale di cui stiamo parlando, e in cui prima di tutto noi comunisti siamo impegnati. Prima di tutto noi, e non gli operai, gli altri lavoratori, le donne e i giovani delle masse popolari. Loro comprenderanno se vedranno che noi siamo capaci di cambiare, di metterci in discussione, di cambiare vita, di passare a partire da qui e ora dal mondo delle “cose” che sono quelle che sono e quindi bisogna adattarsi al mondo delle cose come noi le facciamo e come noi le pensiamo.
Per questo motivo non andiamo a una manifestazione di lavoratori come quella odierna della USB per constatare “quanto siamo pochi” e che “siamo sempre gli stessi” e “perché siamo così divisi”, ma perché è un momento in cui possiamo crescere, trasformarci, e portare un messaggio di fiducia nel futuro. Andiamo sentendo crescere in noi la consapevolezza e la forza che il futuro è nelle nostre mani, che dipende da noi.

NOTE 
1. Alberto Burgio Gramsci. Il sistema in movimento, (DeriveApprodi, Roma, 2014), p. 143. 
2. Comunicato CC 30/2014 - 3 ottobre 2014, in http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com.14.10.03.html 
3. “…nel Partito comunista abbiamo inalberato le due parole d’ordine “chi non studia non può dirigere” e “chi non elabora non può dirigere”.” La Voce del (nuovo)PCI, n. 46, anno XVI - marzo 2014, Bisogna imparare a pensare - Per vedere, bisogna avere occhi e cervello, in http://www.nuovopci.it/voce/voce46/lavoce46.html#Bisogna_imparare_a_pensare
 

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