"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

venerdì 31 ottobre 2014

COME IL PARTITO E LE MASSE POPOLARI TRATTAVANO LE QUESTIONI ECONOMICHE A TORINO NEL 1917


Settanta anni di revisionismo, dal 1956 in poi, hanno accumulato molti detriti su quella che è la morale secondo la concezione comunista del mondo, e in particolare la morale che riguarda le questioni economiche. Secondo i revisionisti, uno deve accumulare denaro e beni (case, auto, cultura, eccetera) per se stesso e per i familiari. Questa è la concezione borghese, non quella comunista dell’economia. La concezione comunista del mondo riguardo alle questioni economiche  è quella illustrata magistralmente dalla classe operaia torinese nel 1917, e raccontata qui da Gramsci.

“L'ACT è composta della Cooperativa ferrovieri e dell'Associazione generale degli operai. Da molti anni la sezione socialista aveva conquistato il Consiglio di amministrazione, ma ora la sezione non era più in grado di esplicare un'attiva agitazione in mezzo alle masse operaie.

Il capitale dell'Alleanza era per la maggior parte costituito di azioni della cooperativa ferroviaria appartenenti ai ferrovieri e alle loro famiglie. Lo sviluppo preso dall'Alleanza aveva aumentato il valore delle azioni da 50 a 700 lire. Il Partito riuscì però a persuadere gli azionisti che una cooperativa operaia ha per scopo non il profitto dei singoli ma il rafforzamento dei mezzi di lotta rivoluzionaria, e gli azionisti si accontentarono di un dividendo del tre e mezzo per cento sul valore nominale di 50 lire, anziché sul valore reale di 700 lire. Dopo l'insurrezione dell'agosto si formò, con l'appoggio della polizia e della stampa borghese e riformista, un comitato di ferrovieri che si propose di strappare al Partito socialista il predominio nel consiglio amministrativo. Agli azionisti si promise la liquidazione immediata della differenza di 650 lire fra il valore nominale e quello corrente di ogni azione; ai ferrovieri si promisero diverse prerogative nella distribuzione dei generi alimentari. I riformisti traditori e la stampa borghese misero in azione tutti i mezzi di propaganda e di agitazione per trasformare la cooperativa da un'organizzazione operaia in una azienda commerciale di carattere piccolo-borghese. La classe operaia era esposta a persecuzioni di ogni genere. La censura soffocò la voce della sezione socialista. Ma ad onta di tutte le persecuzioni e tutte le angherie, i socialisti, che non avevano per un solo istante abbandonato il loro punto di vista, che la cooperativa operaia è un mezzo della lotta di classe, ottennero di nuovo la maggioranza dell'Alleanza cooperativa. 
Il Partito, socialista ottenne 700 voti su 800, quantunque la maggioranza degli elettori fossero impiegati ferrovieri, dai quali ci si aspettava che dopo la sconfitta dell'insurrezione di agosto avrebbero manifestato una certa titubanza e perfino delle tendenze reazionarie. ( in Rapporto inviato nel luglio 1920 al Comitato Esecutivo dell'Internazionale comunista. Pubblicato per la prima volta in russo, in tedesco e in francese nell'Internazionale Comunista, 1920, n. 14; ripubblicato in italiano, senza firma nell'Ordine Nuovo, quotidiano, 14 marzo 1921, anno 1, n. 73, in http://www.nuovopci.it/classic/gramsci/mvtorcon.htm)


sabato 25 ottobre 2014

DA LABRIOLA A GRAMSCI ALLO SCIOPERO GENERALE


RIFORMA MORALE ED INTELLETTUALE. DA LABRIOLA A GRAMSCI ALLO SCIOPERO GENERALE USB DEL 24 OTTOBRE 2014.

Antonio Labriola secondo Gramsci è l’unico rivoluzionario italiano “che abbia seriamente studiato il marxismo”. Ne parla Alberto Burgio nel suo libro Gramsci. Il sistema in movimento, (DeriveApprodi, Roma, 2014) sul fatto che IL CONOSCERE È FARE. Scrive:

“Che cos’è infatti prassi per Labriola? Precisamente la cooperazione tra essere umano (ragione, volontà, intenzione e previsione) e natura: collaborazione operosa ed efficiente in virtù della quale, come leggiamo in un testo fondamentale “noi produciamo ad arte ciò che la natura da per sé produce. […] le cose cessan dall’esser per noi dei meri obietti rigidi della visione perché si vanno, anzi, generando sotto la nostra guida; e il pensiero cessa dall’essere un presupposto, o un’anticipazione paradigmatica delle cose, anzi diventa concreto, perché cresce con le cose, a intelligenza delle quali viene progressivamente concrescendo” entro un processo generativo che coinvolge “noi stessi” trasformandoci, rendendoci prodotti della nostra stessa prassi storica” (1)
Cosa significa tutto questo per chi si appresta a costruire la rivoluzione socialista in Italia, e quindi a trasformare il mondo, cosa che richiede prima di tutto la sua trasformazione? Vediamolo.
Abbiamo scoperto, dice il nuovo PCI, che la strategia per  costruire la rivoluzione, è la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Dopo, viene la scoperta della riforma morale e intellettuale:
“Dopo la scoperta della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria, viene la scoperta della Riforma Morale e Intellettuale, seconda per importanza solo alla prima. Nell’applicazione della linea tracciata ci siamo resi conto che dobbiamo sviluppare la cura e la formazione di quanti aspirano a diventare comunisti e dei membri stessi del Partito fino a determinare la loro trasformazione. Nei paesi imperialisti per essere all’altezza del suo compito, per essere capace di dirigere la Guerra Popolare Rivoluzionaria, il Partito deve promuovere nelle sue file una riforma intellettuale e morale, che consta di studio (della concezione comunista del mondo, della storia del nostro paese, della sua composizione di classe e delle sue relazioni internazionali, del corso delle cose e della nostra linea) e di processi di critica-autocritica-trasformazione (per trasformare la concezione del mondo, la mentalità e in una certa misura anche la personalità dei singoli compagni).”(2)
Lo studio della concezione comunista del mondo ci fa partire qui da Firenze, dove abbiamo cominciato a prendere in esame in una iniziativa pubblica, il 19 ottobre alla Casa del Popolo di Settignano, un libro dove uno studioso come Alberto Burgio studia l’opera di Gramsci, e quindi ci inoltriamo nell’epoca in cui Gramsci e vissuto e andiamo ancora indietro imparando da uno dei suoi maestri, Antonio Labriola. Che scrive Antonio Labriola nel suo linguaggio ottocentesco?
“Le cose cessan d’essere per noi dei meri obietti rigidi della visione” vuole dire che il mondo che abbiamo davanti non è fatto di oggetti fermi e stabili, una casa, un fiume, una citta, un uomo o una donna, che ci stanno davanti e sono quello che sono, ma ogni forma che abbiamo davanti non è tanto ma una cosa, ma un processo, cioè qualcosa che diventa qualcos’altro, e precisamente diventa quello che noi la facciamo diventare, se sappiamo come vogliamo che diventi e come fare perché diventi proprio così.
Queste sono le cose che, dice Labriola, si vanno “generando sotto la nostra guida”, il che significa che noi dobbiamo dirigere il processo, e qui si torna al fatto che bisogna studiare, perché “chi non studia non può dirigere”(3)
“Il pensiero cessa di essere un presupposto,  o un’anticipazione paradigmatica delle coseè la critica di Labriola ai dogmatici. Un esempio? Il 24 ottobre alla manifestazione dell’USB a Firenze parlo con un tesserato della CUB il quale sostiene che le divisioni tra i vari settori di lavoratori in lotta sono dovute a contrasti tra “i vertici” dei sindacati di base, e che l’unica soluzione è che si uniscano i lavoratori direttamente. Gli chiedo perché finora i lavoratori non l’hanno fatto, perché sono rimasti fermi. Mi risponde che sono fermi perché c’è “immobilismo”, che è come dire che uno manda cattivo odore perché puzza. Gli dico che, per la mia esperienza di attività sindacale, ho scoperto che quando uno non riesce a unire i lavoratori la responsabilità è sua, non dei lavoratori, e a questo punto interviene nel dibattito una componente del movimento marxista leninista di lunga data sostenendo che la verità è “un po’ e un po’”, cioè un po’ è responsabilità del sindacalista (e del politico) e un po’ dei lavoratori, che non lo ascoltano. Per questa compagna il pensiero è una cosa che ai lavoratori si dice, e se non la seguono è un problema loro. Per lei, quindi, il pensiero è “un presupposto, o un anticipazione paradigmatica”, cioè un modello che proponiamo.
Per noi no, per noi il pensiero è qualcosa che “diventa concreto, perché cresce con le cose, a intelligenza delle quali viene progressivamente concrescendo”. Nell’agire per trasformare le “cose” noi stesso cambiamo, perché anche noi siamo un processo, e non una “cosa”. Questa è la riforma morale e intellettuale di cui stiamo parlando, e in cui prima di tutto noi comunisti siamo impegnati. Prima di tutto noi, e non gli operai, gli altri lavoratori, le donne e i giovani delle masse popolari. Loro comprenderanno se vedranno che noi siamo capaci di cambiare, di metterci in discussione, di cambiare vita, di passare a partire da qui e ora dal mondo delle “cose” che sono quelle che sono e quindi bisogna adattarsi al mondo delle cose come noi le facciamo e come noi le pensiamo.
Per questo motivo non andiamo a una manifestazione di lavoratori come quella odierna della USB per constatare “quanto siamo pochi” e che “siamo sempre gli stessi” e “perché siamo così divisi”, ma perché è un momento in cui possiamo crescere, trasformarci, e portare un messaggio di fiducia nel futuro. Andiamo sentendo crescere in noi la consapevolezza e la forza che il futuro è nelle nostre mani, che dipende da noi.

NOTE 
1. Alberto Burgio Gramsci. Il sistema in movimento, (DeriveApprodi, Roma, 2014), p. 143. 
2. Comunicato CC 30/2014 - 3 ottobre 2014, in http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com.14.10.03.html 
3. “…nel Partito comunista abbiamo inalberato le due parole d’ordine “chi non studia non può dirigere” e “chi non elabora non può dirigere”.” La Voce del (nuovo)PCI, n. 46, anno XVI - marzo 2014, Bisogna imparare a pensare - Per vedere, bisogna avere occhi e cervello, in http://www.nuovopci.it/voce/voce46/lavoce46.html#Bisogna_imparare_a_pensare
 

sabato 18 ottobre 2014

GRAMSCI, MAESTRO DELLA RIVOLUZIONE SOCIALISTA NEI PAESI IMPERIALISTI

Pubblichiamo l'Avviso ai Naviganti n. 48, pubblicato dal CC del (nuovo) Partito Comunista Italiano, un'interessante introduzione al docufilm Antonio Gramsci - Pensatore e rivoluzionario, filmato utile per destare curiosità e interesse di quelli che ignorano l’opera di Gramsci. Sprone a chè i comunisti italiani conoscano le opere di Gramsci, la concezione che esse diffondono e sulla quale poggiano, ne traggano insegnamenti per affrontare il senso del momento storico e il loro compito: costruire la Rivoluzione.

Avviso ai naviganti 48
17 ottobre 2014


In appendice a questo Avviso ai aviganti, le istruzioni per scaricare gratuitamente il filmato

Antonio Gramsci - Pensatore e rivoluzionario

Presentazione

Libera dai “lacci e laccioli” che l’impetuosa prima ondata della rivoluzione proletaria le aveva imposto e costretta dalla nuova crisi generale del capitalismo, la borghesia imperialista ha nuovamente impresso all’umanità un corso disastroso di miseria, abbrutimento, guerra con in più, rispetto al passato, la devastazione e l’inquinamento del pianeta.
Solo con l’instaurazione del socialismo nei paesi imperialisti cambieremo questo corso delle cose.
Come fare la rivoluzione socialista è il problema decisivo oggi all’ordine del giorno. I comunisti e tutte le persone avanzate e responsabili devono dare risposta a questo problema nella teoria e nella pratica.
Nel secolo scorso i partiti comunisti nati nell’ambito della prima Internazionale Comunista (1919-1943), sulla scia della Rivoluzione d’Ottobre 1917 hanno condotto nei paesi imperialisti lotte prolungate ed eroiche 
  • per la difesa e l’ampliamento dei diritti delle masse popolari nell’ambito della democrazia borghese,
  • per il miglioramento delle condizioni materiali e spirituali delle masse popolari, 
  • contro il nazifascismo, fino alla sua sconfitta nel 1945.
Ma hanno lottato alla cieca, senza una strategia per conquistare il potere e instaurare il socialismo. I risultati lo confermano. La borghesia imperialista e il clero hanno pienamente ripreso il comando e i partiti comunisti dei principali paesi imperialisti si sono trasformati e poi sgretolati fino quasi a dissolversi; a partire dalla fine degli anni ’70 le masse popolari stanno perdendo in tutti i paesi imperialisti quello che avevano conquistato.
Gli uomini hanno bisogno di instaurare il socialismo e sono in grado di farlo. L’instaurazione del socialismo non cade però dal cielo, non è una fatalità, non è il risultato spontaneo dell’evoluzione storica. Ma allo stesso titolo è vero che la non instaurazione del socialismo non è né una fatalità né un caso: è la conseguenza del fatto che quelli che volevano instaurarlo non avevano una strategia giusta o mancavano del tutto di strategia, lottavano alla cieca. 
Ora la borghesia imperialista e in particolare la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti stanno eliminando le conquiste strappate dalle masse popolari nella prima parte del secolo scorso, durante la prima ondata della rivoluzione proletaria che la Rivoluzione d’Ottobre in Russia aveva sollevato nel mondo intero. Oggi fare la rivoluzione socialista è il principale compito per tutta l’umanità, è il compito che decide del nostro avvenire.

Nel secolo scorso Antonio Gramsci è stato l’unico tra i dirigenti comunisti dei paesi imperialisti che ha raccolto l’esortazione fatta da Lenin ai partiti comunisti dei paesi imperialisti nella relazione al IV Congresso dell’Internazionale Comunista (13 novembre 1922 - Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale) a studiare la strategia della rivoluzione socialista nei rispettivi paesi. Chiuso nelle carceri fasciste dal 1926 fino all’imminenza della morte nel 1937, Gramsci ha fissato nei Quaderni del carcere preziose riflessioni sulle condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe in Italia e più in generale nei paesi imperialisti. In particolare
  • ha mostrato che stante la natura della rivoluzione socialista la sua strategia doveva essere la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, che egli per sfuggire alla censura fascista chiama guerra di posizione,
  • ha illustrato la natura del partito comunista nei paesi imperialisti (che per la stessa ragione chiama il Principe moderno) e il ruolo che deve assolvere. 
L’opera di Antonio Gramsci è preziosa per chi vuole imparare dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria per fare la rivoluzione. A questo uso dell’opera di Gramsci si oppongono due ostacoli: ignorarla e travisarla.
Quelli che la travisano presentano e studiano Antonio Gramsci come un grande e originale intellettuale vittima dei fascisti, comunista ma antistalinista se non anche antisovietico. Nel filmato che presentiamo sono gli avversari di questo secondo genere che hanno la parola. Sono sette professori universitari, italiani e francesi, che hanno studiato gli scritti di Gramsci, ma non si occupano essi stessi della materia di cui Gramsci tratta nei suoi scritti: la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti. Sono come professori che espongono le idee di un illustre chimico, ma a loro volta non conoscono nulla della chimica, anzi sostengono che non esiste né può esistere una scienza della trasformazione della materia quale invece è la chimica. Gramsci tratta dell’attività con cui gli uomini fanno la loro storia: il marxismo infatti è la scienza di questa attività. I marxisti sostengono che è possibile conoscere scientificamente questa attività ed elaborare una scienza con cui gli uomini da ora in poi possono guidarsi nel fare la loro storia. I professori che parlano in questo filmato presentano invece Gramsci come cultore della dottrina di una misteriosa materia che loro chiamano Prassi. Essi trattano la sua opera alla stregua di una generica opera di filosofia e di storia. Confrontano le idee di Gramsci con le idee di altri filosofi e storici, anziché confrontare le idee di Gramsci con la pratica della rivoluzione socialista in Italia, negli altri paesi europei, negli USA. Trattano di idee anziché trattare della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti di cui tratta Gramsci. Quindi non sono loro che possono mostrarci cosa c’è di prezioso per noi nell’opera di Gramsci.
Tuttavia riteniamo che questo filmato sia utile per destare la curiosità e l’interesse di quelli che ignorano l’opera di Gramsci. Per questo lo diffondiamo in mancanza di meglio.
Ci auguriamo che i comunisti e altri italiani di buona volontà siano spronati a studiare le opere di Gramsci e ne traggano insegnamenti per affrontare con successo il nostro compito del momento: la rivoluzione socialista in Italia.
Il filmato Antonio Gramsci - Pensatore e rivoluzionario è diviso in sei parti.
Download gratuito:
(per registrare il filmato sul vostro computer fate click su “Download” dalla pagina che vi si presenta)

martedì 14 ottobre 2014

LA CONCEZIONE COMUNISTA DEL MONDO È SCIENZA

Alberto Burgio ha scritto un libro dal titolo Gramsci. Il sistema in movimento (ed DeriveApprodi, Roma, 2014) che la Commissione Rinascita Gramsci presenta domenica 19 ottobre a Firenze, alla Casa del Popolo di Settignano, nella Festa della Riscossa Popolare che il Partito dei CARC organizza. In questa presentazione tratteremo dei fondamenti e delle vie del movimento comunista italiano che sta rinascendo in Italia e nel mondo. Uno dei principi è che la concezione comunista del mondo è scienza.

LA CONCEZIONE COMUNISTA DEL MONDO È SCIENZA.

Il resto è opinione. Questo pensa Gramsci e la carovana del (nuovo)Partito comunista italiano concorda con lui. Secondo Alberto Burgio che riferisce della cosa il fatto che la concezione comunista del mondo sia scienza e il resto sia un’opinione è un’opinione. Queste affermazioni di Gramsci, dice, sono “ai nostri occhi indubbiamente opinabili” (p. 58). Al di là della sua opinione, l’esposizione delle affermazioni di Gramsci di Burgio è utile. Scrive che secondo Gramsci il potere del Comitato Centrale e la libertà dei militanti coincidono “perché fondati entrambi sulla conoscenza della realtà, garantita dal valore scientifico della teoria; quindi perché manifestazione , entrambi, di una volontà razionale, (non arbitraria) che, in quanto tale – scriverà Gramsci nei Quaderni – si realizza in quanto corrisponde a necessità obiettive storiche, cioè in quanto è la stessa storia universale nel momento della sua attuazione progressiva” (Quaderno11 Nota 59 in http://www.nilalienum.com/Gramsci/QC(GS)int.html#QUADERNO_11)
Gramsci continua dicendo che “se questa volontà è rappresentata inizialmente da un singolo individuo, la sua razionalità è documentata da ciò che essa viene accolta dal gran numero, e accolta permanentemente, cioè diventa una cultura, un «buon senso», una concezione del mondo con una etica conforme alla sua struttura.” Questo significa che la riforma intellettuale e morale necessaria per la rivoluzione di cui parlano Gramsci e la carovana del (nuovo)PCI riguarda prima una minoranza determinata, poi si diffonde per tutta la società. Il (nuovo)PCI spiega la cosa in questi termini:
“Bisogna distinguere nettamente e sistematicamente la riforma morale e intellettuale che i comunisti devono fare oggi grazie allo sforzo particolare e alla volontà che porta ognuno di loro a voler essere comunista, dalla riforma morale e intellettuale (in larga misura analoga per contenuto) che le masse popolari oggi non possono fare a causa delle condizioni in cui borghesia imperialista e il clero le confinano e che faranno via via nel corso della Guerra Popolare Rivoluzionaria ma soprattutto domani nella fase socialista (cioè dopo l’instaurazione del socialismo). Chiamare oggi le masse popolari a questa riforma come se fosse loro compito immediato, è anarchismo: in effetti se essa fosse possibile, sarebbe inutile il Partito. È principalmente sulla base della loro diretta esperienza assistita dall’opera del Partito che le masse popolarisi libereranno dalle abitudini, dalla condotta, dalla morale e dalle idee e concezioni che riflettono la condizione pratiche in cui la borghesia e il clero le confinano e assurgeranno a un livello morale e intellettuale superiore all’attuale. Ma chiedere di scrivere poesie a uno a cui per le condizioni materiali in cui vive nessuno insegna a scrivere, è pazzia di chi lo chiede.Confondere la rivoluzione morale e culturale che i comunisti devono compiere perché il loro partito sia all’altezza del suo compito, con la rivoluzione morale e intellettuale che farà delle masse popolari le protagoniste della società comunista (della “associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione del libero sviluppo di tutti”) ha l’unico effetto pratico di limitare l’impegno nella rivoluzione morale e intellettuale dei singoli compagni e di conseguenza limitare la capacità dei singoli organismi del Partito e del Partito nel suo complesso di promuovere la Guerra Popolare Rivoluzionaria (…)” (in http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2014/com.14.10.03.html)
Torniamo a Burgio, che continua dicendo che, secondo Gramsci, a differenza della scienza che governa l’azione del partito e il suo rapporto con i militanti “un’opinione non è un valore in sé (nel senso che non ha necessariamente a che fare con la libertà di chi la esprime) poiché può essere (di norma nella società capitalistica è) espressione inconsapevole di un punto di vista eteronomo, “ideologico”, plasmato dell’egemonia dell’avversario”. Gramsci, dice Burgio, “parla del necessario innalzamento del “livello ideologico” dei militanti e dell’esigenza di porli individualmente “in grado di orientarsi”
Il passo cui si riferisce Burgio è il seguente: “Perché il partito viva e sia a contatto con le masse occorre che ogni membro del partito sia un elemento politico attivo, sia un dirigente. 
Appunto perché il partito è fortemente centralizzato, si domanda una vasta opera di propaganda e di agitazione nelle sue file, è necessario che il partito, in modo organizzato, educhi i suoi membri e ne elevi il livello ideologico. Centralizzazione vuol dire specialmente che in qualsiasi situazione, anche dello stato d'assedio rinforzato, anche quando i comitati dirigenti non potessero funzionare per un determinato periodo o fossero posti in condizione di non essere collegati con tutta la periferia, tutti i membri del partito, ognuno nel suo ambiente siano stati posti in grado di orientarsi, di saper trarre dalla realtà gli elementi per stabilire una direttiva, affinché la classe operaia non si abbatta ma senta di essere guidata e di poter ancora lottare.
La preparazione ideologica di massa è quindi una necessità della lotta rivoluzionaria, è una delle condizioni indispensabili della vittoria.” (in La costruzione del partito comunista [CPC] 1923-1926, Einaudi, 1971, p. 56, in http://www.antoniogramsci.com/preparaz.htm)
Questo di cui Gramsci parla è un dovere conforme alle direttive dell’Internazionale Comunista, come dice lui stesso (vedi http://www.antoniogramsci.com/ferrea.htm). Attenersi a questo dovere, continua Burgio, secondo Gramsci “significa, senza possibilità di errore. Operare per l’emancipazione della classe operaia e del “proletariato di tutto il mondo” [e] non vi è conflitto tra libertà e disciplina comunista: disciplina proletaria di ferro” come la definiscono le Tesi di Lione (in CPC p. 505, e http://www.sitocomunista.it/marxismo/gramsci/tesi_lione/compattezza.html), ma anche “autonoma e spontanea” come leggiamo nella Città futura” Il passaggio citato da Gramsci infatti dice: “La disciplina borghese è l’unica forza che mantenga saldo l’aggregato borghese. Bisogna a disciplina contrapporre disciplina. Ma la disciplina borghese è cosa meccanica ed autoritaria, la disciplina socialista è autonoma e spontanea.” (in http://www.asterischi.it/buon-compleanno-antonio-gramsci-22011891#)
                                              
Commissione Rinascita Gramsci
Firenze 11 ottobre 2104

mercoledì 8 ottobre 2014

NOI SIAMO GRAMSCI.

Quest'anno revisionisti moderni ed esponenti della sinistra borghese si sono in gran numero combinati nella celebrazione prima del 30° anniversario della morte (11 giugno 1984) di Enrico Berlinguer che era stato di fatto alla testa del PCI dal 1969 quando divenne vice di Luigi Longo, poi del 50° anniversario della morte di Palmiro Togliatti (21 agosto 1964) che aveva diretto il PCI a partire dal suo rientro in Italia nel 1944. Con accenti diversi e da angolature diverse hanno raccontato quanto l'uno e l'altro siano stati grandi personaggi, ne hanno celebrato l'opera e ne hanno cantato le lodi.
Una cosa che li ha accomunati è che, pur parlando dei dirigenti supremi del partito che per decenni ha diretto le masse popolari del nostro paese, non si sono sentiti in dovere di valutare l'opera dei due "grandi personaggi" dalle sorti del Partito che essi hanno diretto e delle masse popolari di cui quel partito nel bene e nel male è stato alla testa. Insomma la negazione assoluta, per molti certamente addirittura l'ignoranza del criterio proprio del materialismo dialettico: per valutare l'opera di un uomo, bisogna basarsi anzitutto sui risultati della sua attività. Non bisogna basarsi su sentimenti e su pregiudizi né sugli aspetti secondari della sua vita e della sua personalità. Questa è la prassi della cultura clericale e della cultura borghese, non quella
dei comunisti.
Ogni individuo ha mille aspetti e la sua vita si compone di molte azioni e momenti. Ma quando valutiamo il ruolo che l'individuo ha avuto nella società in cui è vissuto, dobbiamo considerare la sua attività principale, quello che egli ha dato e ha lasciato. Questo criterio vale nel valutare l'attività di ogni uomo. Ogni uomo vive nelle sue opere.
Tanto più se si tratta di persone che per un motivo o l'altro hanno avuto un ruolo importante nella vita del loro tempo. Per valutare, per Togliatti o per Berlinguer, il valore della direzione che essi hanno dato al PCI, noi comunisti ci basiamo sui risultati oggettivi della pratica sociale. Vale per la loro opera di direzione,
quello che vale per una teoria. "Per valutare la verità di una conoscenza o di una teoria, l'uomo non si deve basare sui propri sentimenti personali e soggettivi, ma sui risultati della pratica sociale. Il criterio della verità può essere soltanto la pratica sociale. Il punto di vista della pratica è il punto di vista primo e fondamentale della teoria dialettico-materialista della conoscenza (MaoTse-tung, _Sulla pratica [7]_, luglio 1937, _Opere di Mao Tse-tung_, ed. Rapporti Sociali, vol. 5). Togliatti e Berlinguer vivono oggi nello sfacelo che con la loro direzione del PCI hanno prodotto nel movimento comunista e nella condizione delle classi popolari del nostro paese. Questo è quello che resta di loro. Quali classi sono loro grate per questa opera?
C'è tuttavia un lato positivo nelle celebrazioni dell'opera di Togliatti e di Berlinguer fatte da revisionisti  moderni e da esponenti della sinistra borghese: con queste celebrazioni campate in aria del passato
essi riconoscono implicitamente che il presente è peggio del passato. In questo sta il loro legame di sentimenti con la realtà pratica delle masse popolari del nostro paese. Che il triste presente sia il risultato della storia che abbiamo alle spalle, quindi anche dell'opera dei personaggi che essi celebrano, è una verità che supera quello che la loro posizione di classe gli permette di capire, la loro capacità di comprensione.

Ogni uomo è quello che fa e quello che di lui esiste e opera. Proprio per questo diciamo che Gramsci vive. È grazie alla lotta che stiamo conducendo e solo grazie ad essa che noi affermiamo che Gramsci è vivo. Perché noi siamo Gramsci. Perché egli vive nella nostra opera. Nella sua opera e nei suoi scritti noi troviamo ispirazione e alimento per l'opera che stiamo oggi compiendo. 

[da (n)PCI, Avviso ai naviganti 46 del 24 agosto 2014 - http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav46/avvnav46.html]

QUADERNO PRIMO


martedì 7 ottobre 2014

GRAMSCI È VIVO!

Gramsci è vivo. In che senso lo spiega lui stesso in una lettera alla cognata del 24 luglio 1933 dove racconta di avere parlato per una intera notte “dell’immortalità dell’anima in un senso realistico e storicistico, cioè come una necessaria sopravvivenza delle nostre azioni utili e necessarie e come un incorporarsi di esse, all’infuori della nostra volontà, al processo storico universale […]”. Un materialista obietterebbe schiettamente che chi è morto è morto, ma, dice Marx, il difetto di ogni materialismo fino a oggi “è che l'oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente.” (Marx, Tesi su Feuerbach). È il fare che è reale, dice Marx. La realtà di questo fare si incorpora nel processo storico universale, dice Gramsci, nel senso che diventa parte integrante e organica del movimento comunista, perché il movimento comunista è il “processo storico universale”, perché il senso della storia procede verso la realizzazione del comunismo. Riprendere Gramsci, allora, gli obiettivi da questi perseguiti, i metodi indicati, capirli, (ri)pensarli alla luce dell’attuale crisi generale del capitalismo, significa guadagnarsi a coscienza pratica del processo storico di trasformazione rivoluzionaria, avanzare nella costruzione di una rivoluzione che non scoppia se non la si costruisce, far rinascere, più che recuperare, la partitura terorica e pratica della rivoluzione, inedita, nei paesi imperialisti. È in questo processo che Gramsci vive, rinasce. Perciò si parla non semplicemente di recupero, ma di rinascita di Gramsci.
E il parto – è noto – è cosa delicata oltre che gloriosa. La mano che guida la testa del nascituro ad affacciarsi al mondo vuole scienza e sensibilità innanzitutto. Fuor di metafora, gli strumenti che Gramsci fornisce sono indispensabili. Iniziamo a utilizzarli. È “La rinascita di Gramsci”, per l’appunto.