"[...] nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und Drang popolare, tutto l’interesse si appunta sulle armi più immediate, sui problemi di tattica, in politica e sui minori problemi culturali nel campo filosofico. Ma dal momento in cui un gruppo subalterno diventa realmente autonomo ed egemone suscitando un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente l’esigenza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale, cioè un nuovo tipo di società e quindi l’esigenza di elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive. [...] Si può così porre la lotta per una cultura superiore autonoma; la parte positiva della lotta che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a‑ privativi e gli anti‑ (anticlericalismo, ateismo, ecc.). Si dà una forma moderna e attuale all’umanesimo laico tradizionale che deve essere la base etica del nuovo tipo di Stato." (Antonio Gramsci, Q 11, nota 70)

giovedì 26 gennaio 2017

NON CI BASTA DARE BATTAGLIA.PASSARE DALLA DIFESA ALL’ATTACCO SIGNIFICA OSARE VINCERE.

Allora guardiamoci, individualmente, ma soprattutto collettivamente: nel movimento popolare ci sono due concezioni contrastanti che qualificano l’atteggiamento combattivo, intraprendente, spregiudicato e quello, opposto, lamentoso, rassegnato, rabbioso, anche, ma non costruttivo. Chi si limita a dare battaglia, si rivolge principalmente contro. Contro il capitalismo e i capitalisti, contro gli effetti del capitalismo, contro le ingiustizie e la barbarie. Fanno parte della nostra famiglia, fanno parte del movimento popolare, ma nella loro concezione e nella loro azione sono mossi dal nero dei tempi attuali, dal peggio che incombe, dal buio del cattivo presente. Chi osa vincere, opera principalmente mosso dalla luminosità del futuro che vogliamo costruire. Al cattivo presente oppone la luminosità del futuro. Alla barbarie attuale oppone l’umanità nuova e la costruisce, qui e ora. 
La domanda è retorica: quale dei due campi ha apparentemente vita più facile? Il primo: si basa su quello che esiste già e su tutto lo schifo che il sistema della borghesia produce e alimenta. Il futuro luminoso che vogliamo costruire è più difficile anche solo da immaginare (tanto che in alcuni casi la volontà dell’ottimista viene scambiata per “fede”). Ma, altra domanda, non retorica stavolta: quale delle due strade ha le prospettive per marciare? Noi costruiamo il futuro luminoso iniziando a trasformare il presente, qui e ora. E’ difficile, si prendono legnate, si subiscono sconfitte in battaglia, ci si mette alla prova e ci si trasforma… questo è osare.
Ci interessa vincere. C’è chi ha passato una vita a lottare (o meglio: è conosciuto per aver passato una vita a lottare, anche se poi magari ha messo i remi in barca… e il riflusso degli anni Settanta ha prodotto un discreto numero di “esperti del movimento” che oggi sono buoni per i racconti al focolare) e oggi è convinto che vincere è impossibile. C’è chi ha iniziato da poco (per età anagrafica o perché spinto dagli effetti della crisi), ma del bagaglio di rassegnazione, vittimismo, sfiducia seminati dalla sinistra borghese è già in certo qual modo schiacciato. Nel campo della generica “sinistra” i sentimenti di disfatta, preoccupazione, inquietudine vanno per la maggiore. Anche fra le frange più radicali.
 
(Resistenza 9 - 2013)

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